Fare decreti come quello che ha bloccato le cessioni dei crediti sui bonus fiscali, a cominciare dal Superbonus, senza avere un’idea sulle soluzioni alternative ai problemi economici che ha creato può fare scoppiare il caos dappertutto. Uno dei problemi creati dal decreto del 16 febbraio varato dal consiglio dei ministri ha travolto il mondo delle associazioni Onlus.

LA STORIA è stata denunciata ieri da novanta associazioni cattoliche che fanno parte del forum «Ditelo sui tetti». Per apprezzare la capacità previsionale, e l’arte di governo al tempo di Meloni & Co.,è interessante ascoltarla.

IL 13 GENNAIO SCORSO, nel decreto «Aiuti-quater», il governo alle Onlus che non svolgono attività commerciali ma sociali, e hanno determinati requisiti, di continuare a usare il bonus al 110% addirittura fino al 31 dicembre 2025. Poco più di un mese dopo ha fatto dietrofront. Senza, probabilmente, nemmeno rendersi conto della contraddizione. Queste organizzazioni non possono usare i debiti fiscali da compensare con i crediti maturati. Lo stop delle cessioni dei crediti fiscali è diventato «una mannaia», dicono. Per il portavoce del forum Domenico Menorello la possibilità per una Onlus di utilizzare una qualunque forma di bonus è vincolata, per la natura stessa delle Onlus, alla cedibilità del credito fiscale eventualmente maturato.

L’attenzione prestata dal governo ai problemi del mondo No profit è stata però contraddetta dallo stop generalizzato alla cessione del credito. Le Onlus che si sono impegnate nella complessa e onerosa predisposizione della documentazione di progetto, incoraggiate solo il 13 gennaio scorso, non hanno avuto il tempo sufficiente per attivare la «Comunicazione di inizio lavori asseverata Superbonus 110%» (Cilas). E sono state gravemente danneggiate dal decreto del 16 febbraio. Oggi inizia il percorso parlamentare di conversione in legge. In molti sperano di potere salvare i lavori di ammodernamento degli immobili vetusti in cui spesso sono erogati i servizi per i più fragili.

AL MINISTERO dell’Economia e delle Finanze si è svolto ieri un tavolo tecnico con – tra gli altri – Abi, Cdp, Sace, Agenzia delle entrate, Ance. Sono state esaminate le soluzioni per sbloccare i crediti fiscali rimasti incagliati. Dicono 19 miliardi di euro. Sono state passate in rassegna le conseguenze della decisione del governo sul sismabonus, sull’edilizia popolare (dove le riqualificazioni sono state bloccate) o sulle famiglie con i redditi bassi e gli incapienti, per esempio. Siamo ancora alla valutazione delle idee e alla convocazione del prossimo tavolo tecnico, il che aggrava l’impressione di improvvisazione in tutta questa vicenda. L’ipotesi più gettonata è quella delle compensazioni con gli F24 che banche e Poste ricevono da imprese e famiglie. I pagamenti verrebbero trattenuti dalle banche per riaprire il mercato dei crediti d’imposta. Ciò avrà un peso per le finanze pubbliche, tanto per cambiare. L’ipotesi è stata suggerita dalle banche (Abi) e dai costruttori (Ance).

«NON C’È PIÙ TEMPO. Non possiamo aspettare un’altra settimana – ha detto la presidente dell’Ance Federica Brancaccio – Qualsiasi sia la soluzione, ed al momento la compensazione con gli F24 è l’opzione migliore sul tavolo oltre a quella di chiedere un segnale da parte delle partecipate, serve subito un segnale». A una settimana dal decreto non sono stati fatti progressi reali. Al ministero dell’Economia con l’Abi stanno cercando di fare quadrare i conti sulla capienza fiscale residua delle banche. La prossima settimana si avrà forse un quadro più chiaro anche sul peso dei crediti sul deficit statale. «Serve decreto urgente per crediti incagliati» ha esplicitato la Cna. Cioè un nuovo decreto per porre rimedio al primo decreto. Come una matrioska.