Subappalti, la trave nell’occhio
Il crollo e la politica Torino, 18 dicembre 2021: una gru cade su un palazzo in ristrutturazione; Monopoli, 25 maggio 2023: una roccia si stacca e cade su un incavo per l’impianto fognario; Brandizzo, 30 […]
Torino, 18 dicembre 2021: una gru cade su un palazzo in ristrutturazione; Monopoli, 25 maggio 2023: una roccia si stacca e cade su un incavo per l’impianto fognario; Brandizzo, 30 agosto 2023: un treno piomba sui binari in riparazione. E ieri il cantiere dell’Esselunga di Firenze dove cede una trave portante. Tutte stragi in sub appalto di lavoratori edili. Solo per citare i casi con più di una vittima, perché se si citassero quelli di morti singole o incidenti gravi l’elenco sarebbe infinito, come la striscia di sangue sul lavoro che da decenni percorre la penisola.
Non sappiamo nemmeno quanti siano i morti di lavoro in subappalto. Incredibilmente l’Inail, istituzione preposta a raccogliere i casi e a indennizzare le famiglie delle vittime, non indica il dato. Stime più precise le danno i sindacati, ormai essenziali per questa macabra conta: in edilizia gli operai in sub appalto sono il 70% del totale dei morti. Una cifra impressionante.
Ieri sera anche i colleghi dei cinque operai morti non erano in grado di ricostruire la catena dei sub appalti fra la ditta per cui lavoravano e quella che ha vinto la gara. Troppo lunga, troppo complessa, troppo opaca.
La contro riforma del Codice degli appalti che a marzo scorso ha reintrodotto il sub appalto a cascata ha una firma precisa: il vicepremier e ministro Matteo Salvini. Ieri la Lega ha definito le accuse della Cgil «disgustose» sostenendo che «le nuove norme sono state volute dall’Europa, tanto che l’Italia era a rischio infrazione, e nulla c’entrano con la tragedia». I fatti dimostrano il contrario: la commissione Ue chiedeva solamente che non ci fossero percentuali di subappalto predeterminate. È stato Salvini a decidere di liberalizzare completamente il subappalto, permettendo quello a cascata.
Se la responsabilità politica è chiara, quella giuridica e morale ricade completamente sulle imprese. Che dalla pratica del sub appalto e del massimo ribasso traggono lauti risparmi e vergognose deresponsabilizzazioni rispetto agli incidenti. Con la (quasi) certezza che i controlli – fatti da dieci enti diversi senza ancora una banca dati comune, nonostante gli sforzi del magistrato Bruno Giordano, non a caso fatto fuori dal governo Meloni – non arriveranno mai in cantiere. Applicare il contratto metalmeccanico – come accadeva ad alcuni lavoratori morti a Firenze – al posto di quello edile equivale a un risparmio economico e di formazione sulla sicurezza. Quest’ultima viene vista da tutti – imprese e lavoratori stessi – come una seccatura, ma in cantiere è decisiva per evitare imprudenze e riportare la pellaccia a casa tutte le sere.
Anche il committente non è esente da colpe. Nel caso di ieri siamo davanti a una sorta di compromesso storico edilizio: nella rossa Toscana, l’azienda il cui fondatore Bernardo Caprotti è passato alla storia per il libro Falce e carrello (proprio in questi giorni rilanciato dalla figlia ed erede Marina con grande evidenza sui maggiori media) che cercava di denunciare il sistema con cui la concorrenza della Coop riceveva favori dalle amministrazioni ex comuniste arrivando a un monopolio nei supermercati, aveva strappato un appalto molto grande nel capoluogo toscano.
Mentre in tutto il mondo si ripensano gli spazi urbani azzerando il consumo di suolo e fermando la deriva dei «non luoghi» come i centri commerciali, il Comune guidato da Renzi e ora da Nardella ha fatto un bell’affare con il pagamento di Esselunga degli oneri di urbanizzazione per costruire. Molto meno lo ha fatto il quartiere che da mesi è alle prese con un cantiere mostruoso che fa tremare i palazzi della zona.
Esselunga spinge sempre per ridurre i tempi di realizzazione dei suoi ipermercati e l’anno scorso un cantiere simile a Genova era stato sequestrato per due incidenti gravi nel giro di due mesi e quattro operai feriti seriamente.
L’azienda di Caprotti gode di ottima salute e stampa. I suoi spot televisivi hanno ottenuto un’attenzione spasmodica e un dibattito degno di questioni più alte, come la sicurezza sul lavoro che invece interessa a pochi. Magari inserendo un operaio edile nel prossimo spot qualcosa potrebbe cambiare. Ma rovinerebbe la narrazione, Esselunga non lo farà.
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