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Spotify rimuove la norma sull’«hate content»

Spotify rimuove la norma sull’«hate content»

Musica La piattaforma streaming ha annunciato ieri un passo indietro sulle sue nuove politiche sui contenuti, ammettendo che le linee guida erano troppo vaghe

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 2 giugno 2018

Annunciata lo scorso 11 maggio, la nuova normativa di Spotify sull’«hate content» – i contenuti che incitano all’odio – e l’«hate conduct» – i comportamenti più o meno criminali degli artisti – è già stata fatta saltare dalla piattaforma streaming musicale. Lo ha annunciato ieri la stessa compagnia con un comunicato: «Anche se siamo convinti della bontà delle nostre intenzioni, il linguaggio utilizzato era troppo vago, abbiamo dato luogo a confusione e preoccupazione, e non abbiamo passato abbastanza tempo a consultare il nostro team e i nostri partner prima di rendere pubbliche le nostre nuove linee guida».

Spotify si era infatti impegnata a rimuovere tutti quei contenuti che «promuovono espressamente, sostengono o incitano l’odio o la violenza contro un gruppo o un individuo sulla base di razza, religione, genere, nazionalità, orientamento sessuale, disabilità…». Contemporaneamente all’introduzione del nuovo regolamento, due artisti in particolare hanno subito il ban dalla piattaforma: il cantante R Kelly – accusato di abusi sessuali – e il rapper XXXTentacion, che è in attesa di processo per l’accusa di aver aggredito e malmenato una donna incinta.

La decisione di escludere i due musicisti dalla piattaforma ha però scatenato una polemica molto accesa sulla discrezionalità della scelta – dove tracciare il confine di un comportamento ritenuto inaccettabile? La stessa Spotify d’altronde aveva sottolineato che «gli standard culturali e le sensibilità individuali variano ampiamente». Ma soprattutto, il dibattito si era concentrato sull’opportunità di censurare i prodotti musicali sulla base del comportamento dei loro autori. Il passo indietro infatti è arrivato dopo meno di un mese: «Abbiamo sviluppato male quest’idea, avremmo potuto fare un lavoro molto migliore», ha ammesso il Ceo dell’azienda Daniel Ek. Mantenendo l’impegno ad agire contro chi inneggia all’odio e alla discriminazione.

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