Spending review: signori si taglia. E al Sud si paga doppio
Svimez L'analisi «Spending review e divari regionali in Italia»: «Il taglio alla spesa penalizza il Sud soprattutto per quanto riguarda gli investimenti pubblici, la componente della spesa pubblica più colpita, e una delle componenti di domanda in grado di stimolare la ripresa nell'economia meridionale»
Svimez L'analisi «Spending review e divari regionali in Italia»: «Il taglio alla spesa penalizza il Sud soprattutto per quanto riguarda gli investimenti pubblici, la componente della spesa pubblica più colpita, e una delle componenti di domanda in grado di stimolare la ripresa nell'economia meridionale»
Spending Review. Parafrasi italiana che significa tagli generalizzati degli investimenti pubblici, e degli incentivi alle imprese, che hanno colpito il Sud in maniera doppia rispetto al Nord. Effetti diretti di questa politica dell’austerità praticata in continuità da tutti i governi sono: depressione economica, aumento dei divari socio-economici tra aree macro-regionali, povertà e deprivazione nella popolazione. Nella loro durezza, a prova di propaganda governativa, ecco i dati forniti ieri da un’anticipazione di un’analisi di Svimez sulla «Spending review e divari regionali in Italia», a cura di Adriano Giannola, Riccardo Padovani e Carmelo Petraglia, in corso di pubblicazione sulla rivista «Economia Pubblica – The Italian Journal of Public Economics». Nel 2013-2015 i tagli alle spese operati dai vari Governi hanno inciso molto più al Sud che al Centro-Nord. Prendiamo il 2013: a livello nazionale il taglio è stato del 2,7% sul Pil. La riduzione ha pesato sul Centro-Nord del 2,2%, mentre al Sud più del doppio: -4,5%. Stessa situazione nel 2014: al Centro-Nord -2,8%, al Sud -5,5%. Il taglio della spesa continuerà a crescere nel 2015: -3,7% a livello nazionale, -2,9% del Centro-Nord e addirittura del 6,2% al Sud.
«Il taglio alla spesa penalizza il Sud soprattutto per quanto riguarda gli investimenti pubblici, la componente della spesa pubblica più colpita, e una delle componenti di domanda in grado di stimolare la ripresa nell’economia meridionale – si legge nello studio – La spesa pubblica in conto capitale ha registrato al Sud riduzioni da due a tre volte in più rispetto al Centro-Nord: -1,6% nel 2013 contro il -0,5% del Centro-Nord; nel 2014 -1,9% contro -0,7% dell’altra ripartizione, arrivando nel 2015 a -2,1% al Sud contro -0,8% del Centro-Nord’. Dal 2001 al 2012 la spesa in conto capitale per le aree sottoutilizzate al Sud è scesa del 58%».Se si prendono i tagli praticati nel lungo periodo, la situazione non migliora affatto. “In dieci anni, dal 2001 al 2012, la spesa in conto capitale per le aree sottoutilizzate, fondamentale per le azioni di riequilibrio territoriale, al Sud è scesa del 58%, passando da 16,5 a 6,9 miliardi di euro – continua il rapporto – al Centro-Nord è scesa nello stesso periodo del 10%, calando da 3,7 a 3,3 miliardi di euro. In altri termini, i 791 euro che ogni cittadino del Mezzogiorno riceveva nel 2001 sono scesi nel 2012 a 334, mentre i 99 euro destinati pro capite alle aree sottoutilizzate del Centro-Nord sono diventati 85 undici anni dopo».
Secondo le stime Svimez «le manovre effettuate dal 2010 ad oggi dai vari Governi (il cui valore cumulato arriva a oltre 109 miliardi di euro nel 2014) in rapporto al Pil sono pesate più nel Mezzogiorno rispetto al Centro Nord. In particolare, il peso cumulato delle manovre sul Pil per il 2013 sarebbe del 6% a livello nazionale, ma assai differente a livello territoriale: 5,5% nelle regioni centro settentrionali e 7,8% in quelle meridionali. Stesse dinamiche negli anni successivi: per il 2014 l’impatto sul Pil è stimato al 6,5% quale risultato del 5,9% al Centro-Nord e dell’8,7% al Sud. L’impatto delle manovre sul Pil cresce ancora nel 2015, arrivando al 6,8% a livello nazionale. Ma se al Centro-Nord il peso sul Pil si ferma al 6%, al Sud sale fino al 9,5%». Per gli analisti una «spending review» servirebbe per «trasformare gli sprechi in spesa produttiva per i servizi pubblici fortemente carenti specie nelle aree svantaggiate del Paese».
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