Serena Sorrentino, segretaria generale Fp Cgil, la legge di Bilancio vi riguarda in gran parte: il governo Meloni sottolinea lo stanziamento per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici poi però è arrivata la mannaia sulle pensioni future.
Ma di cosa parliamo? La relazione tecnica della legge di bilancio esplicita che il governo stanzia il 5,78% per il triennio 22/24. Con un’inflazione registrata al 16,1% vuol dire un taglio al potere d’acquisto. E a chi dice che lo scorso contratto è valso meno ricordiamo che era superiore all’inflazione e nella sanità è arrivato al 7%. Proprio non va, né sul fronte salario né sul mancato finanziamento per il nuovo ordinamento professionale né sul permanere del tetto al 2016 per il salario accessorio. Altro che spot sul posto figo. Poi tagliano le pensioni.

La segretaria della Fp Cgil Serena Sorrentino

Le vostre stime parlano di tagli molto rilevanti. Sui medici il governo sembra propenso a fare modifiche, naturalmente con un emendamento blindato.
Parliamo di perdite dai 6.500 a 11 mila euro lordi all’anno di pensione per funzioni locali, sanità e ufficiali, aiutanti e coadiutori giudiziari. Sui medici e sulla sanità il fallimento del governo è evidente. Per questo provano a correre ai ripari strizzando l’occhio ai medici col maxi emendamento che però è ancor più divisivo. Diranno alla sanità che c’è chi viene tutelato e chi è penalizzato e al resto dei penalizzati che il governo fa cassa sulla loro pensione. Il governo ha fatto una vera azione vergognosa.

Avete avuto interlocuzioni con il governo o con la maggioranza? Si parla di un canale aperto dalla Cisl.
Bisogna render conto a chi ci delega a rappresentarli, faremo tutte le azioni necessarie per cambiare questa scelta anche ricorrendo in giudizio. Canali il governo doveva aprirli prima: è in essere un finto tavolo sulle pensioni e non è venuta fuori questa norma che è comparsa direttamente nella legge di Bilancio spiazzando anche chi ha dato credito in bianco al governo.

L’altro capitolo della manovra che vi riguarda è la sanità. Dopo le manifestazioni di giugno e ottobre, il governo sostiene di aver stanziato 3 miliardi in più. Ma è molto meno di quanto servisse per coprire il valore attuariale al netto dell’inflazione.
Quelle risorse sono sul capitolo contratti e prestazioni/orario aggiuntivi. Non solo sono insufficienti, ma visto il fallimento delle politiche occupazionali, il governo pensa di far lavorare di più chi è già in servizio. Noi sosteniamo che vada pagato di più il personale per quello che già fa, non aumentato l’orario di lavoro. E poi le risorse non coprono le maggiori spese dei servizi sanitari regionali e non finanziano la riforma dell’assistenza territoriale per la quale c’è anche il taglio al Pnrr. Infatti la mobilitazione per salvare la sanità pubblica e mettere in sicurezza la salute dei cittadini continua. Ma, visto il Nadef, è grazie alla mobilitazione se ci sono i 3 miliardi.

Sui rinnovi stanziano il 5% mentre l’inflazione è al 16%. I 3 miliardi in più servono solo per coprire gli straordinari. I cinque giorni di piazza con la Uil sono solo l’inizio della lotta

La Cgil ha portato avanti una grande campagna di assemblee sui luoghi di lavoro. C’è percezione della gravità delle scelte del governo nei lavoratori che ha incontrato?
Di assemblee ne abbiamo fatte tante e stiamo proseguendo. I lavoratori non stanno meglio di un anno fa, anzi. Questo è molto più esplicito della propaganda del governo. Stanno aumentando le addizionali, i costi dei servizi, il carrello della spesa e energia e sulla speculazione il governo non è intervenuto facendola pagare ai cittadini: dalla benzina alle bollette. Quindi ciò che registriamo è che le persone sono d’accordo sia con le proposte che riguardano i salari che su quelle su fisco, pensioni e sanità.

Come da due anni a questa parte – governo Draghi e prima manovra Meloni – l’unità confederale si è persa: Cgil e Uil da una parte, Cisl dall’altra. Il governo Meloni è riuscito nel suo intento di dividervi?
La differenziazione a livello confederale è sui modelli. Il sindacato deve tenere insieme democrazia nei luoghi di lavoro, rappresentanza, contrattazione e partecipazione. Questo vuol dire che non bisogna rinunciare al conflitto, non mi è mai capitato di conquistare un avanzamento senza trattative, mobilitazione e lotte. Chi pensa che si possa fare a meno di questo ha sicuramente una visione diversa di sindacato. Rsu elette, legge sull’erga omnes, partecipazione sono indissolubilmente legati altrimenti si riducono gli spazi democratici. Il Testo unico su democrazia e rappresentanza era unitario, poi c’è chi ha cambiato idea. Sarà la storia dei prossimi mesi a dire come si evolverà il tema dell’unità, e se, a partire dal salario minimo, verranno fuori anche diversità sul piano contrattuale.

La scelta di spalmare gli scioperi su cinque giorni – fra l’altro il 17, primo dei giorni, coincide anche con lo sciopero generale Usb nel pubblico impiego – ha l’intento evidente di avere più spazi sui media ma rischia di rendere complicata il tentativo della Cgil di riunificare il lavoro e i lavoratori, divisi da 30 anni di politiche di precarietà e frammentazione. Come se ne esce?
E chi lo dice che il tema è lo spazio sui media? La scelta è stata quella di articolare e radicare nel territorio la risposta per allargare la partecipazione. La lotta non finisce l’1 dicembre, sono tappe di un percorso che prosegue fino a che non ci saranno risposte vere ai problemi che il sindacato, Cgil e Uil insieme, tanti altri con modalità e forme diverse, sta ponendo. È una stagione di lotte che incrocia quelle del lavoro, quelle sociali, quelle ambientali, quelle per la pace e quelle generazionali dei giovani e degli anziani, delle donne e dei migranti. Più occasioni abbiamo più plurali e forti saremo.