Almeno otto, dieci ore. E’ il tempo che sarebbe servito per organizzare i soccorsi. Dalle 16,53, orario in cui Alarm Phone dice di aver lanciato l’allarme a Guardia costiera greca, Frontex e Unhcr Grecia, alle 2,47 del mattino, ora del naufragio. Ore preziose durante le quali i 750 migranti che riempivano il ponte, il tetto della cabina di pilotaggio ma soprattutto la stiva del peschereccio affondato mercoledì nel mar Jonio, potevano e dovevano essere salvati e che invece sono stati lasciati al loro destino. «Non hanno voluto essere soccorsi», si è giustificata la Guardia costiera greca lasciando intendere anche una difficoltà nelle comunicazioni con la ong, difficoltà che avrebbe creato incomprensioni e fraintendimenti. Circostanza che l’organizzazione che monitora le barche dei migranti nel Mediterraneo ieri ha smentito seccamente. «Non è possibile che tra noi e la Guardia costiera greca ci siano state incomprensioni», ha detto Chiara Denaro, operatrice della ong. «Siamo stati contattati dall’imbarcazione, che ci ha fornito la posizione Gps e ci ha comunicato di essere in pericolo e sovraffollata. Dopo di che abbiamo immediatamente allertato le autorità greche. Non c’è stato nessun fraintendimento».

LE GIUSTIFICAZIONI delle autorità greche, ma anche di Frontex. Scene e parole già sentite dopo la strage di Cutro e che si ripetono ancora una volta dando il via al solito scaricabarile e scambio di accuse: «Frontex è un organismo europeo che ha identificato la nave e ha trasmesso le informazioni agli Stati membri e poi spetta agli Stati membri svolgere le missioni di ricerca e soccorso», ha detto un portavoce della Commissione europea rimpallando ogni responsabilità ai Paesi costieri.

Ieri Alarm Phone ha ricostruito quanto accaduto martedì dal momento in cui ha ricevuto la prima richiesta di aiuto da parte dei migranti che si trovavano sul peschereccio, ricostruendo così l’intera catena di comunicazioni e ricordando di aver allertato anche le autorità di Italia e Malta a partire dalle 14.17 di martedì.

ALLE 16,13 i volontari della ong ricevono le coordinate Gps dell’imbarcazione che alle 16,53, trasmettono con una mail a Guardia costiera, Frontex e Unhcr Grecia. L’ultimo contatto con l’imbarcazione in difficoltà avviene verso mezzanotte, quando i soccorsi ancora non sono stati organizzati nonostante siano ormai passate diverse ore dal primo allarme. «Sarebbe bastato tener conto delle informazioni che avevamo dato per far scattare l’operazione in tempo» denuncia Denaro. «Sapevano anche che lì le persone avevano finito acqua e cibo». Sulla vicenda è intervenuto ieri anche il ministro dell’Interno italiano Matteo Piantedosi. «L’evento è avvenuto, ed è stato circoscritto all’interno dell’area di ricerca e soccorso greca, sotto la specifica responsabilità di quel Paese», ha detto parlando in televisione. «Ma questo non significa che la colpa sia della Grecia, si tratta solo di circoscrivere specifiche aree di responsabilità», ha aggiunto.

PROPRIO di questo, delle aree di responsabilità e del coordinamento tra gli Stati costieri condividendo informazioni e pratiche comuni, si parlerà oggi nel gruppo di contatto convocato a Bruxelles proprio sulla questione dei salvataggi in mare. Un’iniziativa che, stando alle decisioni prese al termine di un Consiglio europeo che si è tenuto ai primi di febbraio, pochi giorni prima della strage di Cutro, potrebbe portare anche alla definizione di un codice di condotta europeo per le navi delle ong che operano nel Mediterraneo impegnando gli Stati di bandiera.