Raccontare attraverso la musica, accogliere storie orali e scritte per processarle con sax, flicorno chitarra o batteria, riprodurre in note sensazioni ed emotività dei protagonisti e delle loro vicende, evocare immagini con la composizione. Il lavoro del sassofonista Simone Alessandrini (con 12 musicisti) ha l’essenza del cantastorie e la forma dell’operetta ma con i piedi saldi nel jazz contemporaneo, bene lo dimostra quest’ultimo disco della trilogia Storytellers, intitolato Circe (Parco della Musica Records) e ispirato al libro omonimo del 1549 di Giovan Battista Gelli. Per farla breve, tramite Circe Ulisse può parlare ai greci trasformati in animali, per scoprire che preferiscono la condizione ferina, avvalorando la superiorità etica degli animali. Una tematica attualissima, in cui una volta tanto la musica non coincide con l’intrattenimento.

CI DICE Simone Alessandrini: «Manca l’educazione all’ascolto, e quello che accade è che si tende a mettere tutto sullo stesso piano. Non posso giudicare un fumetto, un quadro del ‘600 e un’opera di Fontana, utilizzando gli stessi parametri. Il “tutto e subito” non ci dà il tempo di esprimere un concetto, ci adeguiamo a sintetizzare il messaggio con il risultato di un appiattimento. Nel mercato musicale l’idea dell’album sta sparendo perché non c’è più tempo per ascoltare. Si tende ad assecondare totalmente l’ascoltatore, anziché stimolarlo. La musica che chiami “impegnata” è praticamente fuori mercato, ma resta un servizio importante per la società, è una risorsa enorme che può avere una grande influenza. Bisogna resistere, dando voce alle proprie idee, specialmente noi artisti».

Nell’esordio con Storytellers già Alessandrini creava un immaginario sonoro in cui la musica raccontava personaggi dimenticati della Seconda Guerra Mondiale, fra mito e leggenda. Erano storie di strada, protagonisti con nomi pittoreschi, e poi è uscito Mania Hotel (2021) dedicato al tema della follia. Come se la parola scritta entrasse sempre nella musica: «Faccio prima delle ricerche, raccogliendo varie storie realmente accadute e infine faccio una cernita, scegliendo quelle più adatte. La musica in alcuni casi viene prima, ma una volta che decido su che storia utilizzarla, cambio molti aspetti della composizione, come per preparare un abito su misura».

Il sassofonista e il suo ensemble alla Casa del jazz di Roma, foto di Riccardo Musacchio

Circe chiude la trilogia che incrocia temi diversi, il filo che lega questi tre album è l’umanità. Come afferma Alessandrini: «Il punto centrale dei tre album è l’essere umano e le criticità del suo stare al mondo. Il contenuto dei miei dischi è fondamentalmente la fotografia dei tanti interrogativi che mi pongo riguardo la condizione della nostra società. Come se volessi parlarne con l’ascoltatore».

Nel mercato musicale l’idea dell’album sta sparendo perché non c’è più tempo per ascoltare. Si tende ad assecondare totalmente il fruitore, anziché stimolarlo

Essendo un concept album il disco va ascoltato dal principio alla fine. Chiediamo però, se dei 13 pezzi si dovesse sceglierne tre che in qualche modo descrivano l’andamento del disco, quali sceglierebbe?

«Domanda difficile, il brano Circe che apre il disco perde il suo senso se ascoltato singolarmente. Ricordo in studio registrazione le facce attonite dei fonici, non capivano il brano avendo ascoltato solo quello. Poi si ricrederono. Sono molto affezionato a Xopeìa. Leone, un brano senza tema, centrato sul groove ciclico, che iniziai a scrivere durante una residenza al Cairo. Come secondo brano scelgo Canto della cerva, una canzone popolare che racchiude molto il senso dell’album. Infine Epilogo. Ulisse, che è al momento il mio brano preferito tra tutti quelli che ho scritto. Penso che riesca a dare all’ascoltatore i mezzi per creare un immaginario, senza bisogno di sapere nulla sul disco. Aprire a delle visioni e portare in mondi differenti, credo sia lo scopo di tutte le composizioni».

A OGNUNO dei musicisti Alessandrini ha assegnato un animale, vitello, cavallo, leone, a Laura Giavon (voce) ovviamente Circe. Una ipotetica corrispondenza fra strumenti e rappresentazione: «Ho usato approcci differenti con ogni “animale”. Laura Giavon un giorno mi portò un libro sul significato degli animali e dei loro nomi, che mi ispirò tantissimo. Da lì iniziai ad assegnare i vari strumenti, trovando similitudini con il concetto che nasconde ogni bestia, piuttosto che con la stazza o il verso che emette. Conoscendo molto bene quasi tutti i musicisti, mi sono concentrato sulle personalità, più che al suono dello strumento, e ho assegnato i ruoli basandomi su questo parametro». In concerto il gruppo promette di restituire l’aspetto più narrativo: «Con l’aiuto delle luci, dell’abbigliamento colorato, trucco e accessori di scena contemporanei, con richiami però all’antica Grecia. C’è da dire che l’impatto di dodici elementi su un palco non è cosa da poco. Essendo una formazione grande, soprattutto con la crisi degli ultimi anni, ha difficoltà ad esibirsi dal vivo, ma manteniamo il punto e resistiamo».