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Si produce sia per i grandi marchi che per il fast fashion

Si produce sia per i grandi marchi che per il fast fashion

Settore tessile Dalla produzione del filato alle stoffe finite, le quasi 7 mila imprese svolgono tutte le fasi di lavorazione per moda e abbigliamento

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 17 ottobre 2024

Dalle sessanta imprese con 2015 operai del 1895 ai 6627 stabilimenti e 41251 addetti resi noti nell’ultimo rilievo reso noto da Confindustria Toscana Nord del 2021. Sono i numeri del distretto tessile di Prato che oggi, in un’area di 700 chilometri quadri, include ben 12 comuni in una zona a cavallo tra la provincia pratese – al capoluogo si aggiungono Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Vaiano e Vernio – e quelle di Pistoia (Agliana, Montale, Quarrata) e Firenze (Calenzano e Campi Bisenzio) e interessa una popolazione di circa 300mila abitanti.

Per far capire l’importanza delle ditte ‘fuori provincia’, come sottolinea la stessa Confindustria, le aziende tessili delle zone del fiorentino che fanno capo alle lavorazioni conto terziste di Prato, rappresentano indicativamente tra il 15 e il 20 % del peso del distretto pratese in termini di addetti ed esportazioni. L’industria tessile pratese è da anni uno dei più importanti centri a livello mondiale per produzione di filati e tessuti di lana.

Nello specifico, tutto il distretto conta 2383 stabilimenti e 18075 addetti per l’industria tessile e 4244 imprese con 23176 impiegati per abbigliamento e maglieria e un valore di 8 miliardi e 350 milioni di euro, in un settore che tra produttori di filati, di tessuti e conto terzi tessile sopra i 9 addetti, ha chiuso il secondo trimestre del 2024 a -7,5 % rispetto allo stesso periodo del 2023. Oltre a progettazione, creazione e marketing, all’interno di tutto il distretto pratese si trovano numerose lavorazioni che producono sia per l’abbigliamento che la maglieria e l’arredamento, utilizzando praticamente ogni sorta di materia prima – dalla lana al cotone passando per seta, lino, fibre artificiali e sintetiche – e processi come nobilitazione, tintoria, filatura pettinata e cardata, tessitura ortogonale e maglia.

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La produzione tocca praticamente tutti i segmenti di mercato, dai semilavorati e capi finiti per la moda di lusso a quella del cosiddetto fast fashion, andando a presenziare coi suoi prodotti in circa 100 mercati in tutto il mondo, dove hanno un ruolo importante quello statunitense, russo, svizzero, francese, britannico, tedesco e asiatico.

Già dagli anni ’70, il distretto ha iniziato a sviluppare microfiliere tessili – come filati pettinati fantasia per jersey, maglieria, pelliccette, floccati e spalmati – allargando le competenze nel trattare fibre non laniere o naturali. Negli ultimi anni, grazie al sapere tecnologico spostato su altri settori, nel distretto si è creato anche il cosiddetto ‘tessile tecnico’. Troviamo aziende che, dall’esperienza dei feltri e delle ovatte impiegati per arredamento e calzatura, hanno sviluppato produzioni di maggiore innovazione come gli isolanti acustici e termici ecosostenibili per la bioedilizia, basi per la creazione dei giardini verticali e substrati per l’agricoltura oppure ditte che realizzano tessuti in lana irrestringibili e antinfeltrenti o antivento, traspiranti, anti ultravioletti per il settore sportivo. Oppure aziende meccaniche e macchinari per trasformare gli scarti tessili in prodotti riutilizzabili per igiene, arredamenti, auto motive, geotessile ed edilizia.

Proprio il riciclo ha un peso notevole. Basti pensare che solo per la filatura cardata, si stima che negli impianti pratesi siano processati circa 40mila tonnellate di filati ogni anno, che danno poi vita a circa 100 milioni di metri di tessuto e di cui circa l’80% in peso ottenuto da fibre rigenerate. A questo si aggiunge che dal 1965, le aziende tessili pratesi hanno sviluppato un sistema centralizzato di depurazione formato da pochi grandi impianti collegati con gli utenti domestici e industriali da un reticolo fognario e da un sistema di impianti per la purificazione e il riutilizzo dell’acqua. Un sistema che fa sì che l’acqua possa essere reimmessa nel ciclo industriale. Vengono quindi riciclati circa il 40 % dei consumi per fini industriali, pari a 3-3,5 milioni di metri cubi di acqua.

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