Maurizio Belpietro è il nuovo direttore dell’Unità. Non è una bufala: il quotidiano fondato da Gramsci sarà oggi in edicola con la firma in gerenza del direttore più salvinista (e prima berlusconiano) di tutti.

I Pessina, costruttori a cui Renzi nel 2015 affidò l’Unità oggi in liquidazione, lo hanno comunicato al comitato di redazione con una email. Belpietro sarà direttore editoriale e responsabile del numero di oggi di 8 pagine diffuso solo a Roma e Milano, utile solo a non far decadere la testata dopo la cessazione delle pubblicazioni due anni fa.

I tre redattori coinvolti nella chiusura del giornale hanno subito ritirato le proprie firme. Per il cdr dell’Unità la scelta di Belpietro è un «gesto gravissimo», «un insulto alla tradizione politica di questo giornale e della sinistra italiana prima ancora che una violazione delle norme contrattuali».

Il dramma sconfina nella farsa e nella tragicommedia politica.

Belpietro, sentito dall’HuffPost, minimizza: «L’ho fatto solo per fare un favore». Ma la motivazione regge poco.

Prima di lui, il direttore responsabile dell’edizione in edicola era Luca Falcone, giornalista dell’ufficio stampa dei Pessina.

Il cambio in gerenza all’ultimo secondo dunque non ha motivazioni tecniche ma strettamente politiche. Mandare in edicola un numero del genere il sabato prima del voto per le europee è una bomba scagliata a sfregio contro il Pd di Zingaretti e Renzi.

La riapertura di una ferita mai guarita, almeno nel popolo della sinistra che l’Unità ha amato, diffuso, letto e difeso.

Intervistato dall’Ansa l’ex direttore di Libero spiega: «Me lo ha chiesto l’editore, ieri sera mi ha mandato un messaggio: dobbiamo uscire in edicola ci firmi il giornale? Gli ho detto, ma tu sei matto? Non condivido niente di quello che c’è scritto, però gli ho permesso di andare in edicola». E subito, di fronte alla reazione del Cdr dell’Unità, puntualizza: «Non lo dirigerò, ho solo prestato la firma per fare uscire un numero… I comunisti si diano da fare, non sono neanche capaci di salvare il giornale, altro che polemiche con me…»

Alla provocazione politica si aggiunge il ricatto sul lavoro: il 30 giugno, infatti, scade la cassa integrazione dei poligrafici e giornalisti superstiti.

I Pessina, peraltro, hanno trascinato senza prenderla mai davvero in considerazione l’offerta formale ricevuta da Michele Santoro, a lungo tentato dall’avventura in edicola con l’Unità ma oggi ripiegato su un tentativo di settimanale con il compagno Vauro in uscita definitiva dal Fatto quotidiano.