Servono 2.700 litri d’acqua per fare una t-shirt
Critica dei consumi Una t-shirt è fatta di cotone e di «ricordi», ma anche di ingredienti che non compaiono sull’etichetta. L’ingrediente chiave è l’acqua: quando si indossa una t-shirt di cotone in realtà […]
Critica dei consumi Una t-shirt è fatta di cotone e di «ricordi», ma anche di ingredienti che non compaiono sull’etichetta. L’ingrediente chiave è l’acqua: quando si indossa una t-shirt di cotone in realtà […]
Una t-shirt è fatta di cotone e di «ricordi», ma anche di ingredienti che non compaiono sull’etichetta. L’ingrediente chiave è l’acqua: quando si indossa una t-shirt di cotone in realtà si indossano anche 2.700 litri di acqua.
Produrre il cotone necessario alla fabbricazione di una singola t-shirt (che pesa circa 250 grammi), che costa poco meno di una birra, richiede alcuni ingredienti non citati sull’etichetta: 80 grammi di fertilizzante, 10 chili di emissioni di CO2 (corrispondenti a circa quaranta volte il peso di una t-shirt), circa 2.700 litri di acqua (oltre 25 vasche da bagno piene oppure ciò che una persona beve in circa 1.350 giorni), di cui il 45% equivale all’acqua di irrigazione, il 41% è dato dall’acqua piovana evaporata e il 14% rappresenta l’acqua reflua inquinante, che deriva dall’uso di prodotti chimici nei campi e nelle lavorazioni tessili.
Circa il 77% del cotone mondiale prodotto viene coltivato e irrigato soprattutto in paesi caldi (quali Cina, Stati Uniti, India, Pakistan e Brasile) dove l’acqua dolce è già un bene scarso.
Oltre all’acqua direttamente consumata per ottenere un prodotto (in questo caso il cotone), occorre considerare anche il volume di acqua necessario per rendere tale prodotto disponibile al consumo (dal reperimento delle materie prime alla loro trasformazione, all’imballaggio, al trasporto) ossia l’acqua «virtuale», il flusso nascosto nell’intera catena di approvvigionamento.
Gli aspetti ambientali di maggiore rilievo delle industrie che lavorano il cotone riguardano non solo gli elevati quantitativi di acqua scaricata, ma anche il carico di sostanze chimiche in essa immesse. Si stima che l’industria tessile utilizzi 378 miliardi di litri di acqua all’anno. L’acqua viene utilizzata come principale mezzo per rimuovere le impurità, per applicare i coloranti e per la produzione di vapore.
In uno scenario simile, dove il protagonista principale è una fibra che richiede grandi quantità d’acqua, dove sono coinvolti un gran numero di paesi produttori che spesso non dispongono di risorse idriche adeguate, è necessario che i consumatori di tutto il mondo si sentano incentivati ad assumersi le loro responsabilità per gli impatti arrecati sui sistemi idrici dei paesi produttori. Cambiare maglietta, è un lusso.
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