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Sempre in viaggio, con lo zainetto sulle spalle

Sempre in viaggio, con lo zainetto sulle spalleLidia Menapace

Ciao Lidia Partiva la sera da Roma viaggiava tutta la notte – senza cuccetta – in seconda classe – tanto io dormo dovunque, diceva – e arrivava la mattina a Bolzano. Ma le sue mete erano le più diverse

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 8 dicembre 2020

L’ultima volta che ho incontrato Lidia era il 26 febbraio, ero invitata dall’Anpi a Bolzano per presentare il mio libro, Manifesto per la verità. Il legame tra Lidia e l’Anpi è immediato. Pochi giorni prima era stato da lei Gad Lerner per la bella trasmissione sui partigiani. Appena arrivata a Bolzano ho raggiunto Lidia insieme a Maria Teresa, un’amica comune. A parte la vista stupenda delle montagne che sembrano a due passi, affacciandosi alla sua finestra, girando per le stanze di casa tra librerie, ritratti, cimeli vari, abbiamo ripercorso anni di storia politica, femminista e familiare. Lidia, come sempre vivace e ironica. L’ho lasciata, ancora in pigiama, con Maria Teresa, perché dovevo fare un’intervista.

All’arrivo nella sala della presentazione mi sono ritrovata Lidia, seduta in prima fila, sorridente, ancora in pigiama. Voleva essere puntuale e non aveva trovato il tempo di vestirsi! Finita la presentazione, non ha voluto sentire ragioni di chi voleva portarla a casa, è venuta al ristorante con noi, si è presa il suo mezzo litro di vino ed era loquace e felice, come lo eravamo noi in sua compagnia.

Abbiamo vissuto molti anni nella stessa casa, insieme a Pier e Vincenzo, ma lei era sempre in viaggio, con lo zainetto in spalla. Partiva la sera da Roma viaggiava tutta la notte – senza cuccetta – in seconda classe – tanto io dormo dovunque, diceva – e arrivava la mattina a Bolzano. Ma le sue mete erano le più diverse, sempre in viaggio, sempre con lo zaino. Naturalmente ero orgogliosa della nostra convivenza, anche se le serate passate insieme non erano molte, ma quando succedeva ci rallegrava con i suoi racconti e con un buon vino e un cicchetto di grappa. Lidia era pure un’ottima cuoca. Naturalmente si parlava anche di politica, perché con lei abbiamo condiviso non solo la casa ma l’appartenenza al Pdup e quindi il luogo di lavoro, o meglio di impegno politico, in via Tomacelli.

Io l’ho anche seguita nel suo percorso femminista, più leggendo i suoi scritti che con le frequentazioni. Non si è mai risparmiata, come quando è stata candidata alle lezioni in situazioni senza eccessive chance di finire in parlamento – forse è una delle sorti che ci ha accomunate – ma lei aveva un suo «zoccolo duro» che la seguiva sempre. Mi è capitato anche di partecipare a una sua campagna elettorale quando anch’io purtroppo ero diventata «famosa». E di incrociarci a Novara (zona delle nostre origini) in occasione del suo novantesimo compleanno. Non una festa, più una cerimonia senza ufficialità, ma molto emozionante per aver rappresentato con parole e musica il percorso di una giovane novantenne.

Quando finalmente e meritatamente è arrivata in Senato, non ha cambiato per nulla il suo atteggiamento: andava in Senato con le ballerine di tela ai piedi. Anche questo era un modo di affermare una sua coerenza. Come quando – contravvenendo alle indicazioni di Togliatti sosteneva che gli italiani non avrebbero approvato la presenza delle donne insieme ai maschi, pur avendo partecipato alla Resistenza – ha sfilato da partigiana con i partigiani il 25 aprile.

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