Sei uccisi a Gaza mentre riesplode lo scontro tra Hamas e Abu Mazen
Israele/Striscia di Gaza Un 12enne e un 14enne tra i caduti sotto il fuoco dei tiratori scelti israeliani durante manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno lungo le linee di demarcazione. Hamas e Abu Mazen di nuovo ai ferri corti sul controllo della Striscia
Israele/Striscia di Gaza Un 12enne e un 14enne tra i caduti sotto il fuoco dei tiratori scelti israeliani durante manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno lungo le linee di demarcazione. Hamas e Abu Mazen di nuovo ai ferri corti sul controllo della Striscia
Il sangue palestinese scorre di nuovo copioso lungo le linee tra la Striscia di Gaza e Israele dove sono tornate a farsi più intense e partecipate le manifestazioni della ”Grande Marcia del Ritorno”. I cecchini dell’esercito israeliano ieri hanno ucciso sei palestinesi, tra questi un 12enne e un 14enne, e ferito decine di altri con colpi d’arma da fuoco trasformando il 28 settembre, venerdì della “Intifada di al Aqsa”, nel giorno con il bilancio più alto di vittime palestinesi da diverse settimane a questa parte. I morti sono Mohammed al Houm, 14 anni, Mohammed Shakhsah, 24, Iyad al Shaair, 18, Mohammed Haniyeh, 23, e Mohammed Inshasi, 18. Il sesto morto ha 12 anni e ieri sera non si conosceva ancora la sua identità. Nomi che si aggiungono agli oltre 180 palestinesi uccisi dall’esercito israeliano dal 30 marzo, giorno di inizio della “Marcia” lungo le linee tra Gaza e lo Stato ebraico proclamata per chiedere la fine del blocco israeliano della Striscia. Davanti alle recinzioni, sotto il fuoco dei tiratori scelti, i manifestanti hanno bruciato dozzine di pneumatici sperando di trovare riparo dietro le colonne di denso fumo nero. Non è servito. E durante le proteste aerei israeliani hanno attaccato posizioni di Hamas in reazione, ha detto il portavoce militare, ad attacchi dei manifestanti contro i soldati.
L’ennesima strage di manifestanti lungo le barriere di demarcazione avviene mentre lo scontro tra Hamas e il presidente dell’Anp Abu Mazen sta toccando vette raggiunte solo 11 anni fa, quando il movimento islamico prese con la forza il controllo di Gaza. Il muro contro muro è scattato dopo il discorso di Abu Mazen alle Nazioni Unite – giudicato troppo debole di fronte alle politiche di Israele e Usa e contestato a Gaza da centinaia di sostenitori di Hamas scesi in strada – e la minaccia del leader dell’Anp di abbandonare la Striscia se gli islamisti non rinunceranno al suo controllo. La replica di Hamas è stata forte. I suoi dirigenti hanno intimato ad Abu Mazen di revocare le sanzioni che ha imposto su Gaza mentre i parlamentari del movimento islamico hanno proclamato che l’attuale presidenza dell’Anp «è illegale» e che «non rappresenta più il popolo palestinese».
Toni bellicosi non nuovi. Stavolta però occorre tenere conto della situazione di Abu Mazen. L’anziano leader dell’Anp, che lo scorso maggio, per recente ammissione di uno dei suoi più stretti collaboratori, Saeb Erekat, ha rischiato di morire per una polmonite, è bersaglio dei duri attacchi degli Stati uniti che hanno risposto alla sua decisione di respingere l’iniziativa diplomatica di Donald Trump (il cosiddetto “Accordo del secolo”, apertamente favorevole a Israele) tagliando i fondi Usa all’Anp e all’agenzia Unrwa per i profughi palestinesi e chiudendo la missione dell’Olp a Washington. Abu Mazen mostra un piglio più deciso da qualche tempo a questa parte ma continua ugualmente a perdere consensi nei Territori occupati. Una condizione di debolezza che potrebbe spingerlo il mese prossimo a muovere un passo senza precedenti pur di colpire Hamas, ossia ad interrompere il trasferimento dei fondi annuali dell’Anp a Gaza – 96 milioni di dollari – con conseguenze che si rivelerebbero disastrose per la popolazione civile.
La disperazione di Gaza potrebbe a sua volta aggravare lo scontro con Israele fino al punto da spingere il governo Netanyahu a dare il via ad un’altra ampia offensiva militare. Un rischio molto concreto evidenziato mercoledì anche dall’inviato delle Nazioni Unite in Medio Oriente, Nickolay Mladenov che, evidentemente, ritiene ormai tramontata la possibilità di arrivare al cessate il fuoco a lungo termine tra Israele e Hamas al quale ha lavorato per settimane assieme agli egiziani. Il leader del movimento islamico, Ismail Haniyeh, smentisce che la trattativa sia morta e che si sia interrotto il dialogo con l’Egitto ma il fatto che le manifestazioni di protesta contro il blocco di Gaza non si svolgano solo il venerdì ma ormai quasi ogni sera indica come i colloqui siano giunti ad un punto morto. Un giornale, Times of Israel, notava l’altro giorno come Trump e Netanyahu abbiano fatto il possibile per rendere Abu Mazen irrilevante e come ora guardino preoccupati proprio al presidente dell’Anp che approvando altre sanzioni contro Gaza potrebbe trascinare Israele in una nuova guerra.
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