Visioni

Se la Storia è una foto in bianco e nero

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In scena Animali di periferia, la storia genovese della banda XXII Ottobre nello spettacolo del Teatro dell'Ortica

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 17 gennaio 2015

Che la trama di tutto ciò che chiamiamo «Storia» non sia tessuto morbido e avvolgente è poco più che un luogo comune. La sua trama prevede infatti fratture asperrime, strappi e lacerazioni, montaliani «anelli che non tengono», conti che vengono fatti tornare nel racconto accreditato, ma che nella realtà sono aporie indecifrabili. Prendiamo ad esempio la storia della «maledetta» banda XXII Ottobre. Di tutta quella faccenda tanto tragica quanto complessa, e pagata fino in fondo dai protagonisti con la galera dura degli anni Settanta, rimane solo una celeberrima foto in bianco e nero, scattata da un fotografo dilettante che era lì per caso, il 26 marzo1971 a Genova. Rapina allo Iacp. Feudo dei potenti socialisti. In realtà le foto furono diciotto, ma una sola, decontestualizzata, divenne il segno inequivocabile di quello che sarebbe successo con il terrorismo rosso nascente: la lambretta in fuga coi due assalitori, quello dietro con la pistola ancora in pugno e a terra, moribondo , il fattorino sardo Alessandro Floris.

 
Quanto ne sappiamo però della «spietata» banda XXII Ottobre? Pochissimo, perché la rimozione ha lavorato sodo, anche nella sinistra ufficiale. C’era da fare i conti con gente per nulla aliena e gelida, coi proletariche vivevano nella zona del Bisagno, che frequentavano le sezioni del Pci. E che, in epitome, sembravano incarnare un universo intero di disagio sociale, a partire da quella zona in cui vivevano, la zona maledetta nella vallata che ospita tutte le servitù della città, dove scorre il Bisagno, il torrentaccio violentato che ogni tanto si ribella al cemento e all’incuria.

 
Erano gli «Animali di periferia». Gente con il cuore e la testa a sinistra, alcuni ex partigiani, altri un po’ più giovani che avevano visto, giorno dopo giorno, nelle offensive padronali e fasciste sgretolato il potenziale di futuro della Liberazione. Poi c’era stata la rivolta di popolo in piazza De Ferrari nel 1960, contro i fascisti. E poi erano arrivati i golpisti, e i centoquarantacinque attentati neri del ’69, i colonnelli in Grecia, il Vietnam. Scelsero una strada sbagliata, senza sbocchi ma sincera quelli della XXII ottobre in realtà Gap, gruppi di azione partigiana.

 
Li ha raccontati in un bel libro la giornalista Donatella Alfonso, per l’appunto, Animali di periferia (Castelvecchi) portato ora in scena dal genovese Teatro dell’Ortica – al Duse di Genova per il Teatro Stabile.
Mauro Pirovano e Mirco Bonomi, diretti da Giancarlo Mariottini sono le voci narranti (affaticate, dimesse, macerate dalla «cocina» genovese: credibilissime) della XXII ottobre, uno schermo rimanda quasi imprendibili immagini della Genova che fu, l’anello debole del mitizzato triangolo industriale Ge-Mi-To. Che se ne parli (e che lo si veda) anche altrove.

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