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Se la Francia non è più il paradiso dell’editoria

Se la Francia non è più il paradiso dell’editoria

Express Secondo i dati, il calo delle vendite ha interessato anche settori solitamente forrti, come i libri per ragazzi, i manga e i fumetti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 luglio 2023

Non sempre (anzi, di rado) «mal comune è mezzo gaudio» e lo è ancora di meno quando le sfortune altrui confermano le nostre. È il caso dei dati sulle vendite dei libri in Francia, diffusi a fine giugno dal Syndicat national de l’édition e rilanciati da Porter Anderson su Publishing Perspectives. Abituati a considerare il nostro vicino d’oltralpe come il paradiso dell’editoria, il luogo felice dove leggi amorevoli sostengono con oculatezza le case editrici e le librerie indipendenti (nonché gli scrittori, cui è riconosciuto un gettone obbligatorio quando partecipano a incontri pubblici) ci ritroviamo costretti a confrontarci con una triste realtà, perché quei dati si possono riassumere con una parola sola: calo.

Andando nel dettaglio dei numeri, i ricavi lordi del comparto editoriale francese sono scesi da 3,1 miliardi di euro nel 2021 a 2,9 miliardi di euro nel 2022, vale a dire, in percentuale, una decrescita del 5,4%. E il quadro è ancora più scuro se consideriamo le vendite unitarie dei libri, passate da 486,1 milioni nel 2021 a 448,5 milioni nel 2022, con un calo del 7,7%. Come dire che, se le cose non sono andate peggio, è solo perché il prezzo dei libri è aumentato.
La diminuzione nelle vendite, però, non è stata omogenea: il calo più forte si è registrato nei libri per bambini e ragazzi (- 8,2%) ed è sensibile la flessione di un settore contiguo, da alcuni anni molto forte in Francia, quello di manga e fumetti ( -4,2%). Anche per la letteratura il segno è meno (2,7%), mentre hanno fatto un poderoso balzo in avanti (+ 14,7 %) i libri d’arte e quelli che lo Sne definisce i beaux livres – una cifra che riflette probabilmente il ritorno in Francia, dopo la parentesi pandemica, di milioni di turisti pronti ad acquistare – fra le altre cose – cataloghi e volumi illustrati.

Del resto, anche se spesso l’impressione è che ce ne siamo dimenticati, la clausura del Covid-19 è troppo recente per non riflettersi sui dati. Scrive infatti Porter Anderson che «gli editori, riuniti in assemblea generale, fanno notare che naturalmente le cifre del 2022 ‘vanno messe in prospettiva perché il confronto si basa su una performance del 2021 di crescita eccezionale, fuori dal comune’. Un effetto, dicono ancora gli editori, non solo della pandemia, ma anche degli ottimi risultati raggiunti quell’anno dai fumetti e dall’esplosione del manga». In effetti, se paragoniamo il 2022 con il 2019, il mercato dell’editoria francese mostra un andamento nel complesso positivo, con un +3,7% di fatturato e un +3,1% di volume unitario. Ma che dietro l’oscillazione delle cifre ci siano faglie di incertezza ce lo dicono i dati relativi alla produzione, calata nel 2022 del 2,9 % rispetto all’anno precedente. E per contrasto ne è una riprova la relativa tenuta del tascabile, a cui lo Sne ha dedicato un approfondimento, definendolo un «settore strategico per le case editrici» in un contesto di inflazione com’è quello attuale (e certo non solo in Francia).

Anche qui comunque non si possono fare squilli di fanfara, ma «nel 2022 il paperback ha rappresentato il 15,1% delle vendite a valore e il 26,1% in unità di vendita», con un leggero aumento rispetto al 2021, «quando le quote del libro in brossura erano del 14,4% a valore e del 25% in unità di vendita».

Niente paura, però: nel panorama editoriale globale potrebbe presto affacciarsi una nuova sigla, Byte Dance, la compagnia che possiede TikTok e che – scrivono Elizabeth A. Harris e Alexandra Alter sul New York Times – sta valutando la possibilità di aprire una nuova casa editrice e per questo ha puntato gli occhi su autori (autrici) di romanzi rosa autopubblicati. Ora che lo sappiamo, non ci sentiamo tutti più tranquilli?

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