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Scotto (Sel): «Un sì alla Palestina è un colpo all’Isis»

Scotto (Sel): «Un sì alla Palestina è un colpo all’Isis»Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera

Parlamento italiano Renzi non freni la mozione. Bisogna rafforzare chi vuole il processo di pace, anche in Israele

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 21 febbraio 2015

Il parlamento italiano ci riprova. Giovedì scorso a Montecitorio è saltata la discussione sulle mozioni per il riconoscimento dello stato di Palestina proposte da Sel e dai socialisti. Ieri la riunione dei capigruppo l’ha rimessa in calendario per venerdì 27. «E ora speriamo che non maturi una nuova dilazione», spiega Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera.

Il Pd ha dato la colpa di questo rinvio alle opposizioni. Ma molte voci al suo interno sostengono che ‘non sia il momento giusto’ per il riconoscimento italiano dello stato di Palestina.

Nel Pd è maturata una posizione avanzata, nonostante i distinguo e le critiche di alcuni. Ma mercoledì scorso, alla riunione dei capigruppo, è accaduta la classica eterogenesi di fini: l’ostruzionismo del M5S sul Milleproroghe, che per inciso non ha prodotto nulla, ha impedito di discutere le mozioni. Mi auguro che non capiti di nuovo.

Lei dice che nel Pd è maturata una posizione avanzata. Ma più di uno dice no a una «mozione unilaterale» sulla Palestina. E Renzi stesso si è espresso per il rinvio del dibattito.

Lo stato di Israele è già riconosciuto. In ogni caso nel Pd la scelta del sì allo stato di Palestina è matura. Il gruppo ha assunto questo orientamento favorevole a larga maggioranza, anche se questo non converge con l’opinione del presidente del consiglio.
Sono contrari anche Scelta civica e Ncd. Mi auguro che questa vicenda non venga fagocitata dalla cucina interna della politica nostrana. Deve prevalere il merito. Il tema del riconoscimento dello stato palestinese ha attraversato parlamenti con maggioranze diverse. In Spagna governa il partito popolare. Nel parlamento europeo hanno votato sì sia i socialisti che i popolari. A me non interessa piantare la bandierina di Sel, mi interessa che ci sia una larga convergenza su un punto di principio che può aiutare il processo di pace, tanto più nel pieno di una crisi drammatica. Chi obietta che non è il momento lo diceva già nei mesi scorsi quando c’era il semestre europeo italiano, poi prima quando la ministra Mogherini doveva diventare commissaria. Ripeto, il punto è stare sul tema. E sul tema c’è una maggioranza che va al di là persino di quella che sostiene il governo.

Per l’ambasciata d’Israele il riconoscimento è «prematuro». La pressione andrà a segno?

Ho letto con attenzione le parole dell’ambasciata. E condivido un punto: è vera la ripresa di un antisemitismo diffuso, a partire dalla Francia. E questo è un problema che parla alla coscienza profonda dell’Europa, quell’Europa unita che abbiamo costruito all’indomani della guerra e dell’Olocausto. Ma non c’è nessun rapporto tra questo fenomeno e come si sblocca il processo di pace in medio oriente. E comunque il nostro parlamento è sovrano.

C’è chi sostiene che il riconoscimento dello stato di Palestina da parte dei paesi europei può sminare qualcuno dei tanti inneschi micidiali del medioriente. E chi invece sostiene che incoraggerebbe chi sta facendo, da Gaza alla Libia, dell’antisemitismo la propria bandiera.

Riconoscere lo stato di Palestina è, in quel paese, un contributo a sostenere la guida di Abu Mazen e la parte più moderata che vuole gli accordi di pace. E che nel corso degli ultimi anni è stata bloccata dalla politica del governo Netanyahu, che ha favorito le fasce più radicali dell’estremismo di Hamas con la politica delle colonie e anche con l’ultima guerra contro Gaza che, nonostante le responsabilità enormi di Hamas, è stata oggettivamente sproporzionata. Riconoscere lo stato di Palestina sarà anche un contributo a sostegno dell’area pacifista di Israele.

Crede che avrebbe effetti positivi anche nella crisi libica?

L’Isis è il principale nemico della causa della pace in Medioriente. È il nemico di chi vuole la stabilizzazione del quadro politico, di chi vuole costruire la pace, la crescita e i diritti. L’Isis è il principale nemico del mondo musulmano che è infatti la prima vittima degli atti barbarici dell’Isis. La questione palestinese e mediorientale è sempre stata uno dei punti più critici di distanza tra l’occidente e quel mondo. E molto spesso è stato anche un alibi. Oggi bisogna togliere quest’alibi e accelerare il processo di pace. E lo si può fare anche attraverso una convergenza di molti paese i europei che riprendano a svolgere il ruolo e la funzione di spingere per il processo di pace. In questo senso il riconoscimento dello stato di Palestina è una scelta sacrosanta e utile a ridimensionare i venti guerra che spirano in quell’area.

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