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Sciopero a Hollywood: piccoli segnali di intesa

Sciopero a Hollywood: piccoli segnali di intesaManifestanti protestano di fronte agli Warner Brothers Studios di Burbank, California – foto Ansa

Cinema Ieri il primo incontro tra gli studios e il sindacato degli sceneggiatori

Pubblicato più di un anno faEdizione del 5 agosto 2023
Luca CeladaLOS ANGELES

Ieri rappresentanti della associazione degli studios di Hollywood (AMPTP) e del sindacato degli sceneggiatori (WGA), sono tornati ad incontrarsi a Los Angeles per discutere di come riprendere a negoziare. Un tentativo di riallacciare un dialogo che langue dal 2 maggio, quando 11000 autori hanno incrociato le braccia, rivendicando maggiore trasparenza sui diritti d’autore (residuals), garanzie sul numero scrittori in organico per film o serie, norme sulle condizioni di lavoro e sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nello sviluppare sceneggiature. Dopo quasi cento giorni di sciopero, un segnale quindi, che anche per gli studios, da cui è partita l’iniziativa, la questione non è prorogabile per sempre. Passata l’attuale sbornia «Barbenheimer» in città c’è infatti consapevolezza del rischio che una prolungata paralisi delle produzioni potrebbe costituire per le prospettive di una ripresa che si attende dall’inizio della pandemia. Lo sciopero minaccia di ritardare la fine della crisi per gli esercenti dei cinema quindi ma anche per le piattaforme streaming che rischiano di esaurire le scorte di contenuti necessari ad alimentare la crescita di abbonati su cui si basa il business model.

Nei confronti di Sag-Aftra, il sindacato che rappresenta oltre 170 mila iscritti in sciopero dal 14 luglio, non vi sono invece state nuove aperture, e i toni rimangono tuttora piuttosto accesi.

CON I SET SPENTI, continuano intanto anche i posticipi di film le cui star non possono, per regolamento sindacale, partecipare alla promozione durante lo sciopero. Dopo Challengers di Luca Guadagnino, che ha rinunciato al lancio durante la Mostra di Venezia, hanno rimandato l’uscita al 2024 Spiderman, beyond the spider-verse, Ghostbusters, Karate Kid, Bad Boys 4 e Venom 3. Sono ferme, inoltre, anche le produzioni delle serie tv come Andor e Stranger Things. «Forse cominciano a capire che senza i membri dei nostri sindacati, i loro magazzini si stanno svuotando», ha affermato Michelle Mulroney, vicepresidente della WGA West, interpellata da Deadline sul picchetto davanti alla Universal. «Pensiamo che la pressione stia dando i suoi frutti e crediamo che prevarremo».
«È cruciale per tutti noi che la questione venga risolta al più presto, ed in modo che la comunità creativa si senta apprezzata e adeguatamente compensata» ha affermato invece David Zaslav, il cui stipendio di amministratore delegato del gruppo Warner Discovery dal 2018 al 2022 è ammontato a quasi 500 milioni di dollari. L’affermazione fatta mercoledì ad una assemblea di azionisti sembrerebbe ben deporre per un eventuale accordo e rappresenta un inversione di rotta rispetto alla strategia inizialmente trapelata di «affamare gli scrittori» indurli a firmare.

NEI CONFRONTI di Sag-Aftra, il sindacato che rappresenta oltre 170 mila iscritti in sciopero dal 14 luglio, non vi sono invece state nuove aperture, e i toni rimangono tuttora piuttosto accesi. Come ha ribadito anche Susan Sarandon, ospite mercoledì scorso al Magna Graecia Film Festival di Catanzaro, la percezione è che Hollywood si preoccupi solo di aumentare i profitti a scapito dei creativi che producono i contenuti. «Grazie all’intelligenza artificiale» ha affermato l’attrice, «(gli studios) sottopongono gli attori a scansioni del proprio corpo diventando proprietari della loro immagine». È una delle questioni centrali per gli attori le cui sembianze scansionate rischiano di essere ridotte a semplici moduli intercambiabili. Fra le richieste principali del sindacato vi sono garanzie contrattuali che questo non possa avvenire senza il consenso – e la retribuzione – degli interessati. Allo stesso modo gli sceneggiatori reclamano protezioni che tutelino le loro idee dall’essere «remixate» senza autorizzazione da programmi GPT che «raschiano» contenuti in rete. Da canto loro un’indagine del Los Angeles Times ha rivelato questa settimana che anche durante lo sciopero, gli studios stanno attivamente reclutando esperti in sistemi di IA. Lo scontro in atto in un’industria da sempre in bilico fra arte e commercio contiene cioè elementi fondamentali per il futuro di un capitalismo sempre più proteso verso un fordismo digitale, che sta dilagando dall’epicentro di Silicon Valley. Uno scenario in cui i lavori creativi in particolare, risultano sempre più schiacciati su di un modello di precariato permanente ispirato alla gig economy.

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