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Sciogliere e coagulare, una nuova sinistra in Italia

Sciogliere e coagulare, una nuova sinistra in Italia

C'è vita a sinistra «Mettiamoci in cammino per realizzare un’inchiesta attiva nel paese, a "piedi scalzi" e con spirito di autentica collaborazione»

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 30 luglio 2015

“Per coagulare sul serio percorsi ed ispirazioni diverse in uno sforzo comune (non necessariamente in un partito comune!), bisogna che prima di tutto le rigidità e gli spiriti di bandiera si attenuino e magari si dissolvano. “Solve et coagula”, sciogliere e coagulare, dicevano gli alchimisti rinascimentali”. Solve et coagula, appunto, per rigenerare sé stessi, trasformare i metalli in oro. Non necessariamente abbandonare del tutto la propria composizione chimica, ma scioglierla e ricoagularla con altre componenti per costruire una nuova struttura, non un composto unico, ma un’architettura collettiva.

Questo proponeva decenni or sono Alex Langer al Pci di allora, lo faceva sullo sfondo della crisi dell’Europa, attraversata dagli scossoni della guerra fredda, e lo proponeva partendo dal pensiero ecologista. Proviamo a rileggerle oggi queste parole sollecitati dall’apertura di dibattito del manifesto. Solve: rompiamo gli elementi, dissolviamo le forzature, degli stati negativi del corpo e della mente. Mettiamoci a disposizione, superiamo le rigidità, culturali e non, fondiamoci in pratiche e rivendicazioni comuni, che lo scioglimento non possiamo farlo a tavolino né affidarci alla mano di un alchimista, qua l’alchimista è collettivo ed il laboratorio è la carne viva della società.

Coagula: coaguliamo gli elementi dispersi in una nuova sintesi, incontriamoci su vertenze comuni, in pratiche che coniugano “nuovo mutualismo” e partecipazione, democrazia diretta e costruzione intelligente del conflitto. Facciamolo anche e soprattutto con tutte quelle realtà che oggi costruiscono alternative e le praticano quotidianamente. Solo coniugando partecipazione diretta e costruzione di pratiche di solidarietà sociale, sarà possibile permettere a questo “solve et coagula” di non essere solo una formula “in vitro”.

Certo dovremo evitare accuratamente scorciatoie, prevenire il rischio di una riproduzione di ceto politico, o di formule consunte o mutuate da esperienze altrui. Tuttavia possiamo ispirarci ad alcune esperienze altrui per trarre elementi utili al nostro lavoro culturale e politico allo stesso tempo. Una delle intuizioni a mio parere più interessanti di Syriza è proprio quella di accompagnare alla costruzione di un “soggetto” politico di sinistra, la proposta di pratiche di nuovo mutualismo, giacché oggi è dalle condizioni materiali delle persone che riparte lo slancio per un progetto di liberazione e la costruzione di alternativa.

L’altra sfida, quella di Podemos, rimette in discussione il concetto stesso di potere e le vecchie categorie di “destra” e “sinistra”, proponendo invece un dualismo tra il “basso” e “l’alto”, tra chi vive nella società, chi pratica resistenza, chi soffre da una parte e chi si chiude a riccio nei palazzi del potere, e – come giustamente sottolinea Jurgen Habermas in un suo articolo critico nei confronti della posizione di Angela Merkel verso la Grecia – diventa uno zombie, non più politico, ma volenteroso carnefice al soldo della finanza e dell’austerity.

Lo sfondo è ancora quello dell’Europa e della crisi ambientale, appunto – e le parole di Alex ancora una volta svelano la sua grande lungimiranza . L’enciclica di Francesco ci ricorda l’urgenza di superare la logica della crescita illimitata e della trasformazione in merce della natura, di riconoscere che ambiente e giustizia sociale, debito ecologico e sociale, sono le due facce delle stessa medaglia. Alexis Tsipras è lì a ricordare che la dignità non può essere messa sul banco di una trattativa impari, dal carattere puramente “politico”, rivolta a reprimere un’anomalia possibile dal pensiero unico.

L’Europa di oggi, che alza nuovi muri, da Ventimiglia, all’Ungheria di Orban, che stenta a acquisire una volta per tutte l’obbligo di solidarietà nei confronti di profughi che sfuggono alle guerre mostra tutti i suoi difetti e ritardi. Resta però l’Europa, non questa Europa, il contesto politico, economico e geopolitico nel quale provare a costruire un’alternativa.

Non è un caso che a migliaia in Piazza Syntagma si appellavano allo spirito originario del progetto europeo. E non è un caso che la commissione di inchiesta parlamentare sul debito greco, più che rifarsi ai parametri macroeconomici e finanziari, formula un duro atto di accusa alle istituzioni europee ed ai creditori, per le ricadute del debito sui diritti umani. Un passaggio assai importante dal quale trarre ispirazione. Oggi come non mai il globale ed il locale di fondono, le differenze tra la prospettiva nazionale ed europea della politica si attenuano fino a scomparire. C’è però ancora troppa poca Europa e poco mondo nel dibattito sulla ricostruzione del “soggetto politico”, apparentemente circoscritto alla discussione dell’aut-aut, Euro si o Euro no. Occorrerà piuttosto uno sforzo per collocare questo processo nel quadro della ricostruzione di un’altra Europa, e di relazioni con soggetti politici e non europei e transnazionali. Un mondo capace di futuro, che guarda appunto alle nuove generazioni.

Il filosofo francese Jacques Derrida una volta ebbe a dire che è difficile pensare al nuovo quando ciò dipende dall’evento di altri. Dovremo pertanto tutti contribuire a costruire il laboratorio collettivo dove questo processo di costruzione di alternative possibili nei fatti già ha luogo. Occorre farlo emergere, tradurlo in messaggio collettivo, in pratiche condivise: da una parte quella di “democratizzare realmente la politica” e dall’altra di contribuire alla “ri-politicizzazione dello spazio pubblico”. Ricordo un bel documento di Act! nel quale si propone di partire dal basso, accanto agli oppressi, in direzione della sinistra. Ecco credo che questo suggerimento sia assai valido e dovremmo praticarlo e proporlo a chi oggi naviga nell’arcipelago ancora un po’ indefinito di quella che sarà la sinistra futura. Rovesciamo anche noi la piramide, apriamo porte e finestre, lasciamoci dietro una volta per tutte esitazioni e timori.

Predisponiamoci all’ascolto, si parta da una campagna di inchiesta attiva sullo stato del paese e di chi ci vive, una ricognizione sui bisogni e i diritti violati, sulla quale costruire un progetto politico. Valorizziamo e diamo spazio a menti fresche, alle nuove generazioni. Se la sinistra che verrà dovrà evocare la società che vogliamo sarà urgente aprire la porta ed accompagnare lungo la strada una nuova generazione di attivisti e persone che decidono di impegnarsi per il bene comune. Mettiamoci tutti in cammino, a “piedi scalzi”, con generosità, spirito di autentica collaborazione. Proviamo cioè a praticare le caratteristiche di quello che vorremmo sia il mondo nel quale vivere bene e con dignità attraverso la partecipazione, informazione e coinvolgimento diretto di ognuno ed ognuna, in una fase assai delicata ma che ha con sé i prodromi di un sogno possibile.

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