Visioni

Scandalose e ribelli, le donne dominatrici in bianco e nero

Scandalose e ribelli, le donne dominatrici in bianco e neroEllen Richter in Moral [Morality] (1928) diretto da Willi Wolff – foto di Filmarchiv Austria, Vienna

Festival La 40esima edizione delle Giornate del cinema Muto di Pordenone scommette sull’universo femminile. Brilla la retrospettiva dedicata a Ellen Richter, l’omaggio a Anita Loos

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 8 ottobre 2021

Scandalose, determinate, ribelli, le donne dominano lo schermo alle Giornate del Cinema Muto (fino a sabato in cartellone in formula ibrida, on line su MyMovies e in presenza al Teatro Verdi di Pordenone), festival che nei suoi quarant’anni di attività, tra tesori di celluloide perduti e ritrovati, ha sempre saputo offrire una vivace chiave di lettura della società e del costume di inizio Novecento, oltre che assecondare la propria naturale inclinazione per la scoperta, la ri-scoperta e la tutela del patrimonio filmico della primissima stagione. Nei vari percorsi di valorizzazione del contributo delle donne alla storia del cinema individuati quest’anno da Jay Weissberg, direttore delle Giornate, di certo brilla la retrospettiva dedicata all’attrice e produttrice ebrea Ellen Richter, star popolarissima ai tempi del cinema di Weimer, poi via via dimenticata dopo essere stata costretta alla fuga dalla Germania nazista.

NON SI SA molto di Ellen Richter, al secolo Käthe Weiß, nata il 28 luglio 1891 a Vienna da genitori ebrei, diplomata al conservatorio di musica e arti dello spettacolo della capitale austriaca, una carriera iniziata precocemente calcando le scene dei teatri di Brno, Monaco e infine Berlino, dove si stabilisce nel 1912. Qui l’incontro con Willi Wolff, colui che le starà per sempre al fianco, marito dal 1915, partner artistico e professionale di tutta una vita trascorsa insieme. Wolff seguì la moglie nella carriera cinematografica che la portò alla fama. Insieme fondarono anche una società di produzione che avrebbe dovuto garantire alla Richter, capelli scuri e fascino medio orientale, una maggiore libertà nella scelta dei ruoli, troppo spesso incasellati in donne dal fascino «esotico»: zingare, geishe, danzatrici indiane. Negli anni a seguire, infatti, diresse e interpretò trenta lungometraggi in cui si è misurata di volta in volta con personaggi vari e diversi, dalla showgirl alla figura storica (Caterina di Russia, Maria Tudor, Lola Montez), in una vasta gamma di generi, dal dramma in costume, al thriller, alla commedia, ma anche film di avventura, dove si è divertita a sfidare le convenzioni prestandosi a situazioni e ruoli di norma riservate agli uomini.

LA MAGGIOR PARTE dei suoi film – oltre 70 lungometraggi – è andata perduta. Per questa ragione risulta particolarmente prezioso il lavoro di ricerca che ha permesso di recuperare dagli archivi di Germania, Russia, Paesi Bassi e Francia delle autentiche rarità proposte dal festival, utilissime a riportare alla luce una figura altrimenti dimenticata e a riscoprirne le qualità sia di attrice che di produttrice. Sette i titoli recuperati e presentati in rassegna, cinque dei quali sono stati da poco preservati, digitalizzati e restaurati, salvati dall’erosione del tempo e dall’oblio. Tra questi: Die Frau mit den Millionen (1922-23), film d’avventura orientalista in tre parti scoperto al Gosfilmfond di Mosca; Lola Montez, die Tänzerin des Königs (1922), liberamente ispirato alle vicende della scandalosa ballerina irlandese (portata trent’anni dopo nuovamente sullo schermo da Max Ophüls); Moral (1928), spassosa commedia sexy straripante di allusioni maliziose mirate a smascherare l’ipocrisia della società benpensante (e altolocata) dell’epoca.
Il focus al femminile delle Giornate del Cinema Muto si arricchisce quest’anno di una nuova rassegna biennale dedicata alle sceneggiatrici americane, figure incontrastate del settore che hanno più volte dato prova del loro indiscutibile talento, lasciando il segno in tutti i possibili generi, compresi quelli «eroici», dal western al cinema bellico, dal giallo al poliziesco, quello, insomma, più superficialmente ascrivibile a un immaginario testosteroideo.

Fool’s Paradise (US 1921) di Cecil B. DeMille – John Davidson, Cecil B. DeMille, Julia Faye sul set – Credit: Wisconsin Center for Film and Theater Research

TRA LE PERSONALITÀ al centro di questo omaggio la scrittrice Anita Loos, figura chiave della Jazz Age nota anche per essere l’autrice di Gentlemen Prefer Blonds (da cui il film di Howard Hawks con Marylin Monroe e Jane Russell) ma la cui fama iniziò ben prima, legata alla scrittura di titoli di successo con le star Douglas Fairbanks e Constance Talmadge. Oltre a Loos, rientrano nella retrospettiva anche Sada Cowan e Beulah Marie Dix, che insieme firmano Fool’s Paradise (1921) di Cecil B. Demille, dando un personale tocco di spettacolarità e umorismo al sobrio racconto di Leonard Merrick The Laurels and the Lady che ha ispirato il film. Nella stessa sezione, oltre alla Dorothy Yost, conosciuta per i film di Fred Astaire e Ginger Rogers (ma alle Giornate è presente il suo primo lavoro, Kentucky Pride (1925) di John Ford), Agnes Christine Johnston, autrice di alcune tra le più popolari commedie drammatiche dell’epoca del muto e del sonoro, per divi come Mary Pickford, Charles Ray e Marion Davies. Sua la sceneggiatura dello spassoso An Old Fashion Boy, commedia brillante che punta il dito sulle differenze tra un ragazzo all’antica, quello del titolo, ansioso di prendere in moglie una ragazza invece molto moderna, che non ci pensa proprio a farsi rinchiudere tra le pareti domestiche in veste di angelo del focolare.

E SU QUESTA stessa linea di tentata ribellione, orientata alla fuga dagli stereotipi sia femminili che maschili, ritroviamo le ormai mitiche «Nasty Women», dal 2017 beniamine del festival, capricciose, vendicative, talvolta persino violente protagoniste delle comiche francesi e americane che tra il 1899 e il 1914 si divertivano a sovvertire le regole (almeno sullo schermo). Le risate sguaiate e fuori luogo di una corpulenta donna afroamericana in Laughing Gas (Edward S. Porter, 1907), il capovolgimento dei ruoli in Le Ménage Dranem (Pathé, 1912), con la moglie che fuma la pipa e gioca a biliardo mentre il marito è costretto a casa a rammendare i calzini, lo sciopero della balie (con tanto di contromanifestazione degli abbandonati marmocchi sotto la sigla del «sindacato dei bambini») e gli scontri con i malcapitati poliziotti incapaci di contenere la protesta in La Grève des nourrices (Pathé, 1907), sono solo alcune delle schegge anarchiche che presto finiranno nel cofanetto di quattro dischi DVD/blu ray Cinema’s First Nasty Women distribuito da Kino Lorber nel maggio del 2022 e realizzato anche in collaborazione con le Giornate del Cinema Muto.

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