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Scandalo concerie, rifiuti tossici in mezza Toscana

Scandalo concerie, rifiuti tossici in mezza ToscanaUno stock di rifiuti tossici

Inchiesta Dda Si chiude con 38 indagati, fra cui esponenti di rilievo del Pd, l'inchiesta della procura distrettuale antimafia sulle 140mila tonnellate di rifiuti tossici, dal keu ai residui delle lavorazioni orafe e argentifere, utilizzati come inerti in quattro province.

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 25 novembre 2022

Nemmeno la chiusura dell’inchiesta della procura distrettuale antimafia sullo “scandalo delle concerie” – 140mila tonnellate di rifiuti tossici disseminati negli ultimi sette anni in quattro province toscane – scalfisce l’imperturbabile Pd locale, che pure vede indagati anche l’ormai ex capo di gabinetto della Regione, Ledo Gori, il consigliere regionale dem Andrea Pieroni, la sindaco dem di Santa Croce sull’Arno, Giulia Deidda, e il dirigente regionale Edo Bernini. “Quando l’inchiesta raggiungerà il livello dei rinvii a giudizio – commenta per tutti il presidente regionale Eugenio Giani – potremo commentare e valutare il da farsi”.
Per certo l’avviso della chiusura delle indagini nell’ambito delle inchieste “Calatruria” con 12 indagati e “Keu” con 26 indagati restituisce, così come evidenzia il consigliere comunale pisano Francesco Auletta (Una città in comune – Rifondazione comunista) “l’esistenza di un vero e proprio intreccio tra politica, affari e mafie, volto ad evitare i controlli ambientali e così garantire lo smaltimento illecito dei rifiuti conciari grazie alla collaborazione di imprese controllate da una cosca della ‘ndrangheta calabrese. Conferma anche che questo intreccio vede coinvolti i vertici dell’Associazione Conciatori di Santa Croce, e figure chiave del potere amministrativo locale e regionale del Pd”.
Sul colossale traffico eco-mafioso di “Keu”, mix fra inerti e ceneri tossiche derivanti dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli, ed anche – una novità – di rifiuti provenienti dalle lavorazioni auro-argentifere aretine, con indagate aziende di prim’ordine come la Chimet e la Tca, la procura antimafia chiederà a breve il rinvio a giudizio per tutti gli indagati, con ipotesi di reato che vanno dall’associazione a delinquere all’estorsione con metodo mafioso, violenza e minaccia; dal traffico illecito di rifiuti all’inquinamento ambientale; dalla corruzione, anche in materia elettorale, all’indebita erogazione di fondi pubblici ai danni della pubblica amministrazione; dal falso all’impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari.
Nelle 100 pagine di avviso di chiusura dell’inchiesta si spiega che l’indagine sul comparto conciario e quella sul comparto orafo aretino “sono risultate connesse – puntualizzano gli investigatori – in quanto entrambi i flussi dei rifiuti contaminati avevano una medesima destinazione verso lo stesso impianto di produzione di materiali inerti, venduti poi come materie prime”.
In particolare l’inchiesta Keu (26 indagati e 6 fra società ed enti coinvolti) ha consentito di “svelare una prassi abusiva particolarmente pericolosa e dannosa per l’ambiente, ovverosia quella di declassificare i rifiuti pericolosi e le ceneri dei fanghi di depurazione contaminati, facendoli figurare come se fossero rifiuti recuperabili nella lavorazione di materiali inerti per l’edilizia, così da consentire un occultamento dei rifiuti più inquinanti provenienti dal comparto conciario come ceneri contaminate da elevatissime concentrazioni di cromo, e dal comparto orafo come fanghi cancerogeni ed ecotossici contaminati da arsenico, boro, selenio”.
Sono illeciti, si legge ancora nell’avviso di conclusione delle indagini, che avrebbero causato “gravi eventi di inquinamento ambientale, essendo quei rifiuti ceduti a terzi ignari e utilizzati come materie prime in terreni agricoli, in fondazioni per attività edilizie residenziali, in ripristini ambientali e in opere infrastrutturali quali strade e aeroporti” nelle province di Firenze, Pisa, Arezzo e nell’Empolese Valdelsa.

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