Sarto per attori. Irresistibile Cecchi tra Feydeau e i giovani
A teatro Al Festival dei due mondi di Spoleto spicca la messa in scena firmata dall’attore e regista fiorentino. I tradimenti borghesi, gli allievi dell’Accademia, Leonardo Lidi e «Zio Vanja»
A teatro Al Festival dei due mondi di Spoleto spicca la messa in scena firmata dall’attore e regista fiorentino. I tradimenti borghesi, gli allievi dell’Accademia, Leonardo Lidi e «Zio Vanja»
Se la musica, da sempre protagonista del Festival dei due mondi, ha avuto un battesimo letteralmente «oceanico» che ha portato alla soppressione causa diluvio del concertone di apertura, il teatro è arrivato qualche giorno dopo ma ha trovato subito una immagine forte da affermare come protagonista. Sarto per signora è un titolo famoso, un vaudeville che da più di un secolo rende il suo autore George Feydeau una garanzia di successo per ogni teatro del mondo.
Ad interpretarlo a Spoleto una compagnia di giovanissimi, allievi della Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico che hanno appena concluso la propria formazione. Ma il nome di maggior richiamo è di colui che la messinscena ha firmato: Carlo Cecchi, in assoluto un artista tra i più importanti (forse il massimo) sui nostri palcoscenici. Il risultato è clamoroso: in poco più di un’ora si ride a crepapelle ma con amara intelligenza (cosa che sempre più raramente avviene nelle nostre platee disseminate di «nuovi comici») di quel balletto infernale di «tradimenti» borghesi.
LA PARIGI di quella restaurazione dopo la Comune, appare impegnata giorno e notte, in casa e fuori, al tradimento coniugale, o almeno ai suoi preparativi. Mariti, mogli, suocere, servitori o anche semplici presenze accessorie, casuali o meno, sono tutti presi in una ronde a tempo pieno, un instancabile giro di ruoli, di convenzioni e di furberie che rendono quasi impossibile il consumare quell’oggetto di sfrenato desiderio. Feydeau, in maniera geniale, fa muovere il meccanismo che viene rincorso, desiderato e mai mandato a buon fine, tanto da apparire la maggiore attività civile di quei personaggi. Che però fanno ridere quasi fossero consapevoli di esser votati alla infelicità. Passando tutti, e mai indenni, da equivoci a travestimenti, da sbalzi sociali di pura apparenza a poco rassicuranti ruoli pubblici.
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