«Me voy». Per 77 minuti Samuel Eto’o aveva resistito in quella giornata di fine febbraio 2006 ai fischi e agli insulti razzisti dei tifosi del Real Saragozza fino a quando, esausto, stanco, addolorato, infuriato decise di andarsene dal campo di gioco. In realtà alla fine continuò la partita, insieme ai suoi compagni di squadra del Barcellona. Quelle immagini vanno riviste. Altre ne rivedremo simili in Spagna e in Italia.

Esse sono il segno inequivocabile del razzismo nel calcio e delle colpe gravissime di chi, senza soluzione di continuità nel tempo, ha continuato a girarsi dall’altra parte. A provare a convincere il grande centravanti camerunense a non lasciare lo stadio fu con convinzione Alvaro, difensore nero del Real Saragozza, brasiliano. Non ci riuscì. Invece ci riuscì Ronaldinho, anche lui nero, anche lui brasiliano.

Oggi Samuel Eto’o è presidente della federazione di calcio del Camerun. Mentre il suo ex compagno d’attacco Ronaldinho è tornato uomo libero dopo centosettantuno giorni di carcere trascorsi in Paraguay per falsificazione di documenti e riciclaggio. E in carcere ci stava finendo anche lo stesso Samuel Eto’o. Pochi mesi fa è stato condannato a ventidue mesi di prigione per evasione fiscale. La pena, fortuna per lui, gli è stata sospesa. Tra multe e restituzione di soldi al fisco dovrà pagare quasi sei milioni di euro. Spiegherà, dopo, che lui si era ciecamente ed ingenuamente affidato al suo procuratore. Sta di fatto che due tra i più grandi giocatori di quel decennio oggi sono tecnicamente pregiudicati.

I rapporti tra Eto’o la giustizia e le carceri non finiscono qua. A seguito di una sua denuncia per calunnia, le non proprio liberali autorità camerunensi hanno mandato in prigione il giornalista radiofonico Michael Dopass, che, in una trasmissione, avrebbe accennato a una presunta omosessualità del calciatore. L’omosessualità è vietata, nonché punita in Camerun. La pena può arrivare fino a cinque anni di carcere. Dunque i legali di Eto’o non potevano accettare che il loro assistito fosse accusato di quello che per il Camerun è incredibilmente un crimine. Non è un caso che ci sono sentenze in Italia che riconoscono legittimamente lo status di rifugiato ai cittadini camerunensi che arrivano nel nostro paese, qualora si dichiarino omosessuali, proprio in considerazione dei rischi di persecuzione nel loro Stato.

Ai Leoni indomabili appartiene il calciatore africano del secolo, quel Roger Milla che nel Mondiale degli Stati uniti nel 1994 segnò un goal a quasi quarantatre anni, dopo aver partecipato ad altri due mondiali, compreso quello del 1982, quando il Camerun pareggiò 1 a 1 con l’Italia, così consentendo alla nostra nazionale di andare avanti, inaspettatamente, verso la vittoria. Milla segnerà anche nei Mondiali del 1990. E precisamente farà ben due goal alla Colombia così arrivando ai quarti di finale, vero e proprio record per una squadra africana.

In porta per la nazionale colombiana c’era Renè Higuita, noto per la parata dello scorpione. Higuita era un fantasista messo a difesa della porta. Una invenzione colombiana. Purtroppo per lui anche Higuita finirà dietro le sbarre. Per la prima volta accadrà tre anni dopo i due goal subiti da Milla, nel 1993, in quanto accusato di essere complice in un sequestro di persona. Lo scorpione pare fosse inoltre un ospite consueto di Pablo Escobar. Un altro Escobar, Andres, nei mondiali del 1994, causò con un autogoal la sconfitta della sua squadra. Era il trentaquattresimo del primo tempo. La partita finì due a uno per gli Stati uniti. La Colombia fu eliminata. E dieci giorni dopo a Medellin Andrés Escobar fu ammazzato per strada, forse a causa di quell’autorete.