Che la giornata eurosovranista di Salvini sarà un flop è certo. A pesare, più che la presenza di delegazioni da una dozzina di paesi europei, sono le assenze importanti. Quella già risaputa da tempo di Marine Le Pen, ma soprattutto quella del leader olandese Geert Wilders, guest star attesissima dopo l’exploit alle elezioni del suo paese, che all’ultimo ha accampato la scusa di possibili impegni nella formazione del nuovo governo per dare buca. Entrambi saranno presenti in videocollegamento, ma la loro distanza fisica pesa, eccome.

Per la leader del Rassemblement National, dopo la comparsata lo scorso settembre a Pontida, con tanto di abbracci e scambio di complimenti, non basta la presenza del giovane e rampante Jordan Bardella, presidente della sua formazione, a supplire all’assenza. E anche per i neonazisti tedeschi dell’Afd mancherà la stella Alice Weidel, che manderà al suo posto il copresidente Chrupalla. Insomma, se Salvini voleva riunire i peggio esponenti della peggio destra europea (ma guai a chiamarlo «Cantiere nero», se non si vuole fare arrabbiare il ministro delle Infrastrutture), beh, obiettivo mancato, sebbene pure i presenti rappresentino al meglio quella marmaglia.

NON È UN CASO che per tenere alta l’attenzione sull’evento il leader leghista abbia negli ultimi giorni organizzato un fuoco di sbarramento nei confronti della sinistra, nelle sue varie sfumature, rea di voler alzare la tensione sulla giornata, con dichiarazioni di molti esponenti leghisti nei confronti delle contromanifestazioni che si terranno oggi. L’ultima uscita, proprio ieri, è dello stessa Salvini, che se l’è presa col sindaco di Firenze Dario Nardella. «Lo invito alla calma – ha detto Salvini – capisco che sia in campagna elettorale (Nardella sarà candidato alle europee per il Pd, ndr)». Per oggi in città sono previsti diversi cortei (vedi pezzo accanto).

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A GALVANIZZARE il segretario ex padano, gli ultimi sondaggi che vedono l’eurogruppo di Identità&Democrazia in crescita, in un testa a testa coi conservatori dell’alleata ma in realtà avversaria Giorgia Meloni. Se così fosse nelle urne, per Salvini sarebbe un doppio successo: a livello europeo potrebbe insistere nel progetto, condiviso da altri leader di Identità&Democrazia eppure molto improbabile, di provare a evitare la formazione di un governo europeo di larghe intese, che lo vedrebbe necessariamente messo alla porta e ininfluente a livello di scelte concrete.

Per i leader leghista, in campagna elettorale permanente, lo scopo è esportare il modello italiano anche in Europa, con una maggioranza che terrebbe insieme (appunto come in Italia) i popolari europei (famiglia a cui appartiene Forza Italia), i conservatori (che vedono al loro interno Fratelli d’Italia) e i sovranisti euroscettici di cui fa parte la Lega. Certo negli ultimi tempi una convergenza di questo tipo nell’europarlamento si è anche vista, ma su temi specifici. Un’alleanza strategica e duratura sarebbe tutta un’altra cosa, e le parole di Antonio Tajani («Quelli dell’Afd che vogliono classi separate per i bambini disabili fanno ribrezzo») lascia poco margine di manovra a una possibilità del genere.

POI C’È la partita interna. In chiave italiana, un buon risultato (il 10% secondo gli ultimi sondaggi sembra a portata di mano) permetterebbe a Salvini di riequilibrare i rapporti di forza nel governo, magari chiedendo un rimpasto ministeriale. Cosa che gli permetterebbe anche di silenziare almeno in parte i malumori che si fanno sentire nella stessa Lega. La carta buona da giocare, in vista delle europee, il leader leghista ce l’avrebbe pure, e si chiama Luca Zaia, anche se il governatore veneto (che oggi dovrebbe essere a Firenze) non sembra intenzionato alla partita. Ma, se il buon giorno si vede dal mattino, al momento il futuro salviniano sembra minacciato da nubi tempestose.