Chi sperava che la partenza dei bandi sotto falso nome chiudesse nel cassetto dei ricordi la Torino – Lione ha sbagliato i conti. A poco è servito l’accorato appello di Luigi Di Maio ieri mattina: «Basta provocazioni sulla Tav», ribadito poi dal premier Conte: «La Tav è diventata un’ossessione, io ho altri problemi».

In una lunga nota diramata dall’Adnkronos, non precisate «fonti francesi» inauguravano la giornata attaccando una delle criticità mosse dal M5S sul Tav: l’assenza di finanziamenti a bilancio, e non solo promessi, da parte del governo francese. «Dall’inizio dei lavori della Tav Torino-Lione – così si legge nella nota – la Francia ha già versato circa 400 milioni di euro per il progetto. Per il 2019 sono oggi già disponibili 55 milioni di stanziamenti in attesa di eventuali fondi aggiuntivi che sarebbero necessari in funzione del lancio effettivo dei bandi di gara». «In Francia – si legge ancora – le leggi di bilancio dello Stato, compreso quello delle infrastrutture, sono previste e votate ogni anno».

LA NOTA SI CONCLUDE con un auspicio che renderà complicato il lavoro di convincimento contro il tunnel di base della Torino – Lione, che il premier Giuseppe Conte ha già sbandierato come vittoria ottenuta: «La Francia conferma il suo impegno ad attuare il trattato bilaterale che la lega all’Italia sulla linea Lione-Torino. Tali impegni sono stati ricordati dal Presidente della Repubblica, Emmanuel Macron e dal ministro dei Trasporti Elisabeth Borne».

Dopo le “precisazioni” dei francesi, giungeva la richiesta di «consultazione popolare» da parte del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Una sorta di manifesto volto a mettere in difficoltà il ministro degli Interni favorevole alla Torino – Lione ma imbrigliato dal suo prezioso alleato di governo che di Tav non vuol sentire parlare. «Nell’analizzare con preoccupazione la situazione di incertezza che si è venuta a generare intorno alla regolare esecuzione dei lavori di realizzazione del collegamento ferroviario ad alta velocità Torino-Lione – scrive Chiamparino – e del rispetto degli accordi internazionali che vedono impegnata l’Italia, il Consiglio regionale del Piemonte mi ha dato incarico, con proprio ordine del giorno del 26 febbraio, di verificare la procedibilità di una consultazione popolare da effettuarsi ai sensi dell’articolo 86 del nostro Statuto».

La chiosa della lettera è vagamente perfida, come nello stile di Chiamparino: «Auspico che questa richiesta possa trovare la Sua piena condivisione, tale da imprimere l’indirizzo per l’adozione di tutti i necessari e conseguenti provvedimenti a livello statale, in relazione ai quali l’Amministrazione regionale porrebbe in essere i propri adempimenti». Il governatore sottolinea che la Regione pagherà eventuali spese.

«MAGARI… MA Chiamparino ignora: non si può, non si può perché manca la legge della Regione Piemonte. E si potrebbe fare cambiando la Costituzione, cosa che sono dispostissimo a fare perché io i referendum li adoro»: questa la risposta del ministro Matteo Salvini, bissata da quella del premier Conte: «Non ci sono gli strumenti giuridici, se qualcuno li dovesse introdurre ben venga ma non è all’ordine del giorno».

Chiamparino ha quindi ottenuto quello che voleva: intestarsi la lotta pro Tav in Piemonte e in Italia. Il primo effetto che ha avuto questo scambio è stato a Torino, dove il comitato organizzatore della prossima manifestazione pro Tav, prevista per domenica prossima, ha preso coscienza che il variegato mondo politico che lotta a favore della maxi ferrovia potrebbe schierare solo un rappresentante politico sul palco: Sergio Chiamparino. La condizione posta dalle cosiddette «madamin» ai politici è molto semplice: essere Sì Tav senza macchia. In una burrascosa riunione svoltasi ieri mattina, le organizzatrici hanno deciso di spostare la terza manifestazione dell’orgoglio sì Tav al prossimo 6 aprile: probabilmente su pressione della forte componente industriale che tifa Lega.

Spazientito dalla rimonta di Chiamparino, che potrebbe realmente contendere al candidato di centro destra a trazione leghista la Regione Piemonte, il ministro Salvini in serata ha tuonato: «Avanti con le grandi opere», a cui i pentastellati hanno risposto con parole che giurano fedeltà al gigantismo infrastrutturale, qualunque esso sia: «Noi non abbiamo bloccato nulla». Come sono lontani i tempi del «cemento zero».