Cultura

Salvatore Iaconesi, un artista integrale fra umano e non umano

Salvatore Iaconesi, un artista integrale fra umano e non umanoDatapoiesis di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico

Ritratti Fra i suoi progetti poetici, alcune configurazioni che mescolano identità diverse, sistemi tecnologici e biologici, diventate possibili con la collaborazione della sua compagna simbionte Oriana Persico

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 29 luglio 2022

Una panchina iridescente che diventa un allarme sulla povertà nel mondo, una piantina artificiale connessa con lo stato di salute di un fiume e della sua comunità, un edificio che compone poesie in base alle modalità con le quali le persone lo attraversano e un’intelligenza artificiale «figlia» ed espressione di un quartiere della periferia di Roma. Queste sono solo alcune delle configurazioni tra identità umane e non umane, sistemi tecnologici e biologici, diventate possibili nei progetti di Salvatore Iaconesi e della sua compagna simbionte Oriana Persico
Rispettivamente Obiettivo, U-DATIinos, Sul Freddo e Sul Caldo e IAQOS- Intelligenza Artificiale di Quartiere Open Source sono visionarie opere d’arte che si confrontano con la complessità del mondo contemporaneo e con la consapevolezza della difficoltà di «abitare» un pianeta in cui la relazione con i dati e la computazione non riguarda solamente l’ambito della tecnica ma la nostra sfera esistenziale e la nostra capacità di accoglienza.
Salvatore Iaconesi, artista integrale (come lo definisce Persico), hacker dei sistemi tecnologici e filosofici e acutissimo sguardo sul mondo, nella sua poetica e pratica ha accolto in maniera radicale la dimensione della tragedia di fronte alla complessità della società globalizzata contemporanea.

LA TRAGEDIA è un grande rimosso nella nostra società. E la tragedia avviene quando non pare ci siano più soluzioni possibili nel mondo della tecnica ma è la chiave di accesso alla complessità – così affermava Salvatore – nonostante i tentativi di rimuoverla, non va via: è irriducibile».
In una delle sue performance più radicali, La cura (2012), aveva reso la sua malattia pubblica. Dopo aver hackerato i file medici riguardanti il suo cancro, li aveva resi open source, rigettando la violenza dei sistemi tecnici e soluzionisti medici che nascondono la tragedia, aprendosi e connettendosi a tutti e alla possibilità di perdere il controllo, riposizionando nella società la malattia. Andando oltre di sé, al di fuori di sé, Salvatore Iaconesi ha sempre creduto che fosse l’arte, un’arte open source e relazionale, il metodo per affrontare la tragicità del realismo.

PER RICONNETTERSI con la complessità delle relazioni tra l’individuale e l’ecosistema abbiamo bisogno di una nuova estetica del «sentire», nel senso del percepire attraverso i sensi. La datapoiesis è appunto una delle possibilità immaginate per usare dati e intelligenza artificiale, per poter comprendere fenomeni complessi e aumentare i nostri sensi in questa direzione.
Salvatore Iaconesi lo scorso 18 luglio ci ha lasciati. Di fronte questo evento drammatico, la sua apertura al mondo rimane un lucido esempio di un’arte che ci aiuta a non soccombere al realismo, ma a fabbricare nuovi immaginari del possibile, attraverso infinite relazioni tra intelligenze umane e non umane, tecnologiche o aliene.

 

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