La redazione consiglia:
Enzo Avitabile, «uno sguardo sulle periferie esistenziali»Giusto venti anni fa, il musicista, compositore e cantante Enzo Avitabile presentò un album, Salvamm ’o munno, per i tipi della manifesto cd che segnò l‘inizio del sodalizio con i Bottari di Portico, la superband casertana degli strumenti agricoli e fu un successo travolgente (superando le 50mila copie vendute) con la sua miscela di ritmi africani, sound mediterraneo e memorie partenopee insieme con gli incontri con l’algerino Khaled, il palestinese Simon Shaheen, la tunisina Amina, Luigi Lai con le sue launeddas e altri come i Cantori del Miserere di Sessa Aurunca e la brass band egiziana di Bachir Mizmar. Anche il regista americano Jonathan Demme ne rimase folgorato sentendolo alla radio su uno dei ponti di New York e volle conoscere il sassofonista attorno al quale costruì il film Enzo Avitabile Music Life del 2012 mentre Peter Gabriel lo invitò a esibirsi al Womad, tappa conclusiva di un fenomenale tour europeo, con quattro candidature ai Bbc World Music Awards. In questi decenni Avitabile ha fatto incetta di premi ovunque, dai Nastri d’Argento ai David di Donatello, per il suo lavoro con i soundtrack cinematografici e due suoi brani, Napoletana e Popularia sono nella colonna sonora di Parthenope, il nuovo film di Paolo Sorrentino ed è stato anche insignito, giorni fa, della Laurea Honoris Causa dal Conservatorio di Benevento per composizione ed orchestrazione.Sulle piattaforme anche un nuovo brano «A uerr», venti di guerra

A MAGGIO è stata pubblicata una speciale ristampa rimasterizzata di questo capolavoro, Salvamm’o munno (in digitale e per la prima volta anche in vinile), Avitabile ha appena fatto uscire un nuovo brano con una clip di immagini, A uerr, quella cosa fetente che l’Europa per 70 anni aveva dimenticato, la guerra. A tenimm ‘ncapa, sott’e pier, rint ‘o core. È un asciutto requiem per nessuno, per tutti gli scomparsi senza nome, con accenti quasi religiosi. Sulle corde di un’arpina napoletana, due squadre di bambini disposte sui lati di un piazzale (video scritto e diretto da Marco Mario De Notaris). A uerr fa paura, a uerr fa schifo, nun porta nient ‘e buono a uerr. Altri plettri accompagnano il dialetto emozionante e ricercato che narra di soldati, bombe, gruppi sanguigni, famiglie distrutte. Una preghiera laica per le vittime senza storia, senza faccia, senza numero, senza voce, per tutt chill ca so’ carute e nun se so’ aizate, ca nisciuno s’arrecorda, ca nisciuno l’ha mai penzato. Alla drammaticità lessicale si contrappuntano le immagini in bianco e nero dei giochi infantili che trascolorano con tutti i bambini mano nella mano in circolo, in un girotondo gioioso che si scioglie con una corsa. L’unica nostra speranza di futuro in questi tre minuti commuoventi.

«LE SONORITÀ dell’album – dice il maestro di Marianella, periferia Napoli nord, dove continua a vivere – sono ancora attualissime e, purtroppo, anche i temi come la giustizia sociale, la pace, la povertà del sud del mond, la violenza insensata e il razzismo. Alcune di quelle voci come Manu Dibango, Hugh Masekela e zi Giannino del Sorbo non ci sono più però quella contaminazione di generi, quella fratellanza di persone, quell’arte unica e originale resta valida. Parte dei proventi dell’album vennero donati ad Amnesty International per la causa dei bambini soldati.
Il tormento quotidiano di fronte a quello che accade ci lascia sgomenti. Assale intellettuali e contadini, giovani e anziani. La domanda è sempre la stessa: ma quann ‘o salvamm stu munno?”