Rossana, Ruth, Walter e l’autunno della sinistra
Una grande storia Rossanda credeva nella politica e sapeva, come Benjamin, che la storia non è lineare, che il progresso non è ineluttabile, che non vi sono “lezioni” di cui far tesoro per prepararsi alle lotte future, che non vi sono momenti tragici inevitabili sulla strada che porta alla vittoria finale
Una grande storia Rossanda credeva nella politica e sapeva, come Benjamin, che la storia non è lineare, che il progresso non è ineluttabile, che non vi sono “lezioni” di cui far tesoro per prepararsi alle lotte future, che non vi sono momenti tragici inevitabili sulla strada che porta alla vittoria finale
Il 26 settembre di 80 fa Walter Benjamin si ritrovò in quel finis terrae di Port Bou, impossibilitato a passare il confine che lo avrebbe salvato dall’orda nazista che gli era alle calcagna. E si tolse la vita, fragilmente vissuta sotto il peso della storia. Non possiamo non ricordarlo oggi, in questi giorni di settembre in cui l’autunno della sinistra ci appare ancor più sotto una mesta luce, mentre piangiamo Rossana e Ruth davanti a un mondo che pare aver perso la strada. Ma se il «mondo è in preda a una crisi di nervi», come dice Amin Maalouf, «è perché abbiamo smesso di credere in un futuro di progresso e prosperità».
ROSSANA ROSSANDA e Ruth Bader Ginsburg – due donne così diverse eppure così vicine nell’ergersi a testimonianza di una realtà che grazie a loro ha portato coscienza nel mondo – ci hanno insegnato che l’ordine delle cose dominante non è mai dato, che esso va combattuto per affermare principi di giustizia, equità ed eguaglianza, che dissentire è giusto. Non eroine, non super-donne, ma persone fiere della propria presenza nella realtà, coscienza del loro essere legittimo. Se Ruth è stata la «grande equalizzatrice», nei suoi modi, nel suo ruolo, Rossana è stata l’anima di un modo di credere in una società superiore, da donna, da cittadina della storia, che non deve perdere la via solo perché il compromesso del divenire incalza. Tanta da apparirci fuori dal tempo, figlia di un’epoca in cui l’ideale contava ancora e più della sua traduzione in politica. Eppure, entrambe hanno contribuito, lasciando un segno senza il quale non avremmo saputo riconoscere quanto oggi ci sembra dato.
E, SI È DETTO, figlie di altri tempi (ragazze «del secolo scorso»). Ma, sono davvero cambiati i tempi? Oggi non riusciamo più a leggere la storia come una lotta, in cui alla violenza delle classi dominanti si deve opporre l’emancipazione dei dominati. La storia ha travolto i dominati, che non marciano più uniti come nel Quarto stato di Pellizza da Volpedo. E i dominanti – ancora e sempre i lucky few – hanno ritrovato il modo di aizzare i dominati l’uno contro l’altro.
Rossanda credeva nella politica e sapeva, come Benjamin, che la storia non è lineare, che il progresso non è ineluttabile, che non vi sono “lezioni” di cui far tesoro per prepararsi alle lotte future, che non vi sono momenti tragici inevitabili sulla strada che porta alla vittoria finale. La «malinconia della sinistra» che già Benjamin aveva stigmatizzato, quella che risentiamo nelle tragiche parole di Salvador Allende quando parla dal palazzo della Moneda accerchiato dai golpisti prima di suicidarsi, l’11 settembre di 47 anni fa. Che riconosce di aver perduto ma sa che i golpisti non l’avranno vinta.
COME GIÀ Benjamin, critico radicale dell’idea di progresso e di ogni teleologia storica, anche Rossanda era conscia che i vinti della storia vanno redenti, che la memoria va tenuta viva, la memoria che è traccia di un passato che non è mai finito. Che ci sono e sempre ci saranno i dominati e i dominanti.
OGGI VIVIAMO schiacciati sul presente. Ed è questa una delle ragioni che spiega il carattere “effimero”, “discontinuo” e “precario” delle lotte e dei movimenti che sorgono qua e là in ogni angolo del mondo. E che spiega questo autunno della sinistra. Perché non ha più un’idea di futuro, perché non ha più chiaro da dove cominciare, per cosa deve combattere, come se la “dispersione” degli oppressi li avesse fatti perdere di importanza. Perché organizzare una lotta senza un’idea di futuro diventa molto difficile. Convintasi che le «ideologie sono finite», la sinistra ha perso anche le idee.
Se la classe “operaia” non esiste più, non per questo non esistono masse di salariati, lavoratori precari o sotto-pagati, lavoratori sfruttati, milioni di persone che vivono in condizioni di indigenza, squallore, emarginazione. È come se avendo raggiunto un tenore di vita “mediamente” accettabile per i più il problema delle disuguaglianze, della dominazione e finanche dell’oppressione fosse scomparso.
LE CLASSI dominanti hanno mutato faccia e composizione sociale, tanto quanto le classi dominate. E ci sono dominati e dominati. I dominanti – nel caos delle idee svilite nel mercato della politica – oggi paiono aver gettato la maschera, convinti che la «brutalizzazione della politica», come già George Mosse dipinse i suoi tempi un secolo fa, comunque paga. Rossanda aveva per noi tenuta accesa la luce, con il suo pensiero “critico” come è stato tristemente descritto, consentendoci di vedere che la storia e il progresso sono quel mare che cresce, che lascia macerie, in cui dobbiamo tenere dritta la barra, recuperando la memoria per guardare al futuro. L’angelo della storia, disse Benjamin, ha le ali impigliate in quelle macerie. Per noi, mesto l’autunno della sinistra che ha perso Rossanda incalza in questo 2020 da cui non vediamo più il paradiso.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento