Rossana Rossanda su comunismo e femminismo
Divano La rubrica settimanale a cura di Alberto Olivetti.
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La casa editrice Futura pubblica Un secolo, due movimenti. Comunismo e femminismo, tracce di una vita, scritto inedito di Rossana Rossanda, corredato da una Introduzione di Maria Luisa Boccia. Una Nota editoriale avverte: «il testo inedito che qui pubblichiamo è stato pensato e scritto da Rossana Rossanda – con l’originario e provvisorio titolo Femminismo e comunismo – in dialogo con Étienne Balibar e Françoise Duroux, per approfondire il confronto che si era svolto al convegno ‘Donne politica e utopia’, organizzato da Alisa Del Re a Padova il 14 e 15 maggio 2010».
Articolata in cinque paragrafi, Rossanda mette a punto una risposta alla domanda «c’è una contiguità, una analogia fra comunismo e femminismo?». Risposta che viene indicata a chi legge, per dir così, d’anticipo fin dalle righe iniziali del primo paragrafo: «Femminismo e comunismo sono ambedue espressioni di una soggettività che si vede espropriata, si ribella e propone un rivoluzionamento della società, l’uno nei rapporti fra donne e uomini, l’altro tra operai e capitale. Ma basta questo bisogno acuto, tale da risvegliare opposte passioni ed essere divenuto soggetto di storia, a renderli simili? Non credo».
E la non contiguità tra femminismo e comunismo viene prima di ogni altra segnalata nella disparità dei tempi storici insiti nelle dinamiche che determinano le «due espressioni di soggettività», disparità che comporta conseguenze tali da rendere poco attendibile, una volta che se ne sia esperito il necessario approfondimento critico, anche la affermazione d’una loro una possibile analogia. «La disparità di potere fra donne e uomo è millenaria» scrive Rossanda, là dove «la ‘classe’ è invece giovane, si costituisce assieme al modo capitalistico di produzione». Perché, argomenta, gli operai sono il prodotto «d’una formazione storica transitoria» e, constata, «il femminismo non mira a far scomparire le donne e neppure l’altro sesso, mentre il comunismo mira a fare sparire la classe abbattendo la proprietà che la determina».
La vicenda che viene discussa in queste pagine riguarda l’affermarsi di una coscienza della propria soggettività espropriata (acuta e perentoria) da parte delle donne a far data dagli anni Sessanta, quando si rompe con l’‘emancipazionismo’ (per convenzione si dica dal 1968, anno eponimo, a ribadire un tornante ben riconoscibile nella storia della seconda metà del Novecento). Così i movimenti e le idee del femminismo si affermano (nella loro pluralità come nella loro riconoscibile consistenza) in anni che vedono la crescita del Partito comunista e – fitta trama – l’estendersi di una praxis e di una cultura politica che sollevano la questione di una profonda, radicale trasformazione della società italiana e una ridefinizione dei suoi valori.
Tra 1968 e 1989, nell’arco di un ventennio, questa temperie politica si consuma: «la vera domanda da farci, suggerisce Rossanda, è se, a conti fatti, non operassimo nei limiti di una forte socialdemocrazia». E aggiunge: «fummo dei comunisti senza rivoluzione». Ma se gli esiti del comunismo nel 1969 mettono capo a «una disfatta completa», altro è il tempo storico del femminismo perché, ribadisce Rossanda: «Non penso che comunismo e femminismo appartengano a uno stesso piano e possano essere messi in continuità».
Maria Luisa Boccia, nel denso saggio che introduce alle considerazioni di Rossanda, modula diversamente la questione. Riprende il quesito di Rossanda, ovvero il convincimento da lei espresso relativamente al rapporto femminismo-comunismo, ed invita a coniugarlo nell’effettivo presente storico. E scrive: «Può il femminismo contribuire a coniugare al presente la questione comunista, sulla quale si interroga (e lo interroga) Rossanda? La mia risposta è che può proporsi di farlo».
E Boccia, sulla scorta delle precisazioni di Rossanda, ragionando sulle evidenze che mostrano i «due movimenti» distinti, resta tuttavia persuasa che femminismo e comunismo, «soggetti differenti che lottano per la libertà su piani differenti, possono confliggere ma non si escludono».
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