Commenti

Rossana e le lotte operaie alla Montedison di Castellanza (e non solo)

Rossana e le lotte operaie alla Montedison di Castellanza (e non solo)Il complesso dei palazzi Montedison a Milano, 1961 – LaPresse/Publifoto

La storia delle lotte operaie della Montedison di Castellanza a cavallo degli anni ‘70 – ‘80 è anche quella di Rossana Rossanda e del gruppo del Manifesto. Questo emerge in […]

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 30 settembre 2020

La storia delle lotte operaie della Montedison di Castellanza a cavallo degli anni ‘70 – ‘80 è anche quella di Rossana Rossanda e del gruppo del Manifesto.

Questo emerge in modo inequivocabile scorrendo le colonne del giornale in quegli anni ed analizzando le reciproche prese di posizione e le lotte, nelle Istituzioni e nel Movimento Operaio. I caratteri distintivi di quella stagione erano la centralità della lotta di fabbrica per il cambiamento in positivo delle condizioni di lavoro e di vita ed il riferimento costante agli strumenti della democrazia diretta (gruppo omogeneo, Consiglio di fabbrica, Assemblea). In tal modo furono conseguiti obiettivi rilevanti di cambiamento sia in termini di salute che di salario e normative, non solo in fabbrica ma anche a livello sociale.

La revisione successivamente operata dal padronato, dal Governo e dal Sindacato che poco alla volta attaccarono e demolirono, in tutto o in parte, quelle conquiste (dal punto unico della scala mobile fino all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori) non sposta di un millimetro i termini della questione.

Allora la Classe Operaia con la propria lotta intelligente, capace di coinvolgere ampi strati della società, impresse una svolta decisiva alla riforma dell’Italia in senso democratico e progressista. Le forze che si opponevano a questa svolta erano molto agguerrite ed utilizzarono tutti i mezzi per raggiungere i loro scopi (dallo stragismo nero al terrorismo rosso) insanguinando il paese per decenni.

Il sostegno di Rossanda alle lotte operaie ed al progetto di cambiamento che vi stava dietro fu continuo molto evidente ma mai acritico.

Esso divenne schierarsi aperto dalla parte di Castellanza allorquando, dalla fine degli anni ’70 agli inizi degli anni ’80, il padronato passò ai licenziamenti politici di massa. Prima con il caso dei 5 delegati del Consiglio di Fabbrica, licenziati per rappresaglia antisindacale nel 1978, poi, nel 1981-1982, con l’espulsione dalla fabbrica e da Centro Ricerche di 400 addetti.

Il carattere politico della manovra padronale divenne esplicito quando anche il sindacato chimici FULC e la Federazione CGIL CISL UIL, unitariamente, sottoscrissero accordi a raffica con Montedison per sancire tale irreversibile espulsione.

Rossanda colse in pieno e denunciò dalle colonne del Manifesto tale collusione e per questo ruppe clamorosamente e pubblicamente con taluni vertici sindacali che sino ad allora si andavano proclamando di “sinistra” (da Bruno Trentin a Gastone Sclavi).

La questione costituiva uno dei nodi irrisolti nella storia del Movimento Operaio italiano (sia sul versante sindacale che politico) e cioè se fosse legittima ed accettabile l’opposizione, organizzata, di una parte alle scelte “strategiche” dei vertici, sindacali o di partito.

L’eresia delle donne e degli uomini del Manifesto nei confronti del PCI agli inizi degli anni ’70 assomigliava, sul piano politico, a quella delle compagne e dei compagni della Montedison di Castellanza nei confronti della FULC e della Federazione CGIL CISL UIL nel 1981-’82.

Non a caso finì burocraticamente nello stesso modo. Da un lato espulsione da PCI, dall’altro espulsione dalla CGIL.

Si pose subito un’altra questione scottante e cioè se fosse accettabile, sotto il profilo politico, il ricorso alla Magistratura per tutelare il diritto al lavoro degli espulsi cancellandone il carattere discriminatorio.

Il confronto con Rossana fu duro ma pubblico e corretto.

Alla fine prevalsero le ragioni delle compagne e dei compagni di Castellanza e non solo perché la Magistratura riconobbe, in tutti i gradi di giudizio, la fondatezza dei loro ricorsi ma soprattutto per l’assoluta ed irreversibile impermeabilità delle burocrazie sindacali all’autocritica anche davanti all’evidenza: avevano sottoscritto ed avallato accordi discriminatori, portando avanti una vera e propria persecuzione.

Tutti gli espulsi vennero reintegrati nei rispettivi posti di lavoro alla Montedison di Castellanza e tale risultato fu dovuto anche al tenace ed intelligente sostegno di Rossanda e del Manifesto.

Oggi che si spegne la sua voce rendiamo onore a questa donna che ha segnato in modo tanto profondo e positivo la nostra vita e quella di tanti altri compagni e compagne così come le vicende le Movimento Operaio italiano ed internazionale.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento