L’incendio che sabato scorso è divampato nell’area del Parco di Centocelle, e che a causa del forte vento verso sud ha interessato la catena di autodemolitori che si affaccia sulla Via Palmiro Togliatti, non è che l’ultimo di una lunga serie. Mai, neppure nel 2003, quando le temperature a Roma raggiunsero il picco massimo, ancora oggi non superato, la città prese fuoco con tale facilità.

UNA STAGIONE aperta il 15 giugno con le fiamme che si mangiano il più grande dei due impianti Tmb della discarica di Malagrotta. Il 27 giugno brucia l’area verde dell’Enea Casaccia e contemporaneamente prende fuoco una rimessa di camper che esplodono con il loro carico di bombole Gpl, all’incrocio tra via della Monachina e via del Bosco Marengo, nella periferia di Roma Nord. Nello stesso giorno incendi minori hanno flagellato il quadrante nord-ovest. Il giorno dopo è la volta del parco della Cellulosa di Casalotti e una parte incolta di Trigoria. Ma anche il Parco della Caffarella registra i suoi primi fuochi che poi si ripeteranno nei giorni successivi. Questo è l’unico caso in cui gli inquirenti sarebbero sulle tracce di un uomo senza fissa dimora che accende fuochi per cucinare senza la capacità di controllarli.

Il 4 luglio e il giorno successivo, un rogo brucia a più riprese parte della Pineta Sacchetti. Il giorno successivo il fronte del fuoco si allarga al Parco del Pineto alla Balduina e a Montespaccato. Siamo a Roma Ovest. Da quel giorno, oltre alle “solite” evacuazioni delle abitazioni e dei servizi pubblici prospicenti le aree incendiate, anche la linea ferroviaria San Pietro-Vigna Clara rimane bloccata per una settimana. Vigili del fuoco e Protezione civile sono impegnati da settimane su questi fronti di fuoco romani che prima di sabato scorso erano già arrivati alla notevole cifra di 173, tra piccoli e grandi roghi. Un fronte che sabato scorso si è poi spostato nella zona sud est della Capitale.

NELL’IMMEDIATO dall’incendio sviluppatosi nel Parco di Centocelle si è levata una nube tossica che ha prodotto livelli di diossina pari al 10,6 picogrammi per metro cubo, 35 volte superiore ai limiti stabiliti dall’Oms per l’ambiente urbano (0,3 picogrammi per metro cubo). Nel giro di poche ore, grazie al forte vento, la nube si sarebbe innalzata molto e dispersa rapidamente, secondo le rilevazioni dell’Arpa Lazio. Ma, come spiega la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), questi valori sono «molto rischiosi per la salute». Purtroppo però la valutazione dell’impatto sulla salute pubblica delle polveri e della diossina prodotta dagli incendi appiccati dal 15 giugno ad oggi non sembra la priorità di nessuno. Men che meno è stata prodotta una campagna di informazione e protezione per i cittadini in questo periodo.
Gli abitanti di Centocelle e dei quartieri confinanti lo hanno fatto notare domenica pomeriggio in una manifestazione per chiedere di dare seguito al progetto di rigenerazione del Parco cittadino, da troppo tempo in stand by.

IERI IN PROCURA un vertice tra le forze dell’ordine ha tentato di dare un senso a questo circolo del fuoco che potrebbe sembrare architettato da una regia unica. E gli inquirenti stanno valutando se accorpare in un unico fascicolo le inchieste aperte su ciascun evento. Esclusa l’autocombustione, che non è concepibile a queste temperature, le ipotesi sono di incendio colposo o doloso. Ossia per incuria o per volontà criminale. «Siamo partiti dall’incendio di Malagrotta e al momento non emergono significative evidenze in merito a una correlazione con i roghi di Casalotti, del Pineto e di Centocelle», spiega il comandante del Noe carabinieri di Roma che indaga sotto il coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Roma. Sotto osservazione il ciclo dei rifiuti ma anche la gestione del verde pubblico.

EPPURE, il problema di fondo è sotto gli occhi di tutti: incuria, mancanza di prevenzione, servizi carenti, degrado urbano e sociale. Come spiega Edoardo Zanchini, ex presidente di Legambiente nominato un mese fa Direttore ufficio Clima del Comune di Roma, la metropoli è costantemente alle prese con gli effetti dei mutamenti climatici, dalle alte temperature che favoriscono gli incendi – che siano dolosi o colposi -, alle bombe d’acqua con conseguenti allagamenti. «Uno dei motivi per cui è nato questo ufficio Clima è investire sulla prevenzione, smettere di inseguire i danni visibili e quelli meno visibili, come l’aumento dei ricoveri e dei decessi nelle cosiddette “isole di calore urbano”, dove c’è più cemento». Un solo appunto per Zanchini: fare presto.