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Roma città Disneyland

Roma città DisneylandRoma, Il Colosseo – Reuters

Capitalismo delle piattaforme digitali Inchiesta sul sistema Airbnb nella Capitale: dai «Super-Host», alle imprese specializzate e alle agenzie fino ai privati. Nell’economia digitale i prezzi sono così bassi da spingere chi affitta a tenere vuoti gli appartamenti

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 aprile 2018

Negli ultimi dieci anni il centro di Roma, votato alla monocultura del turismo, è manifestamente peggiorato. Sempre più polarizzato tra il low-cost e il settore del lusso, il turismo delle piattaforme online sta rimodellando gli spazi e l’uso del centro storico all’insegna del consumo temporaneo.

Il proliferare di affitti brevi turistici a Roma, pubblicizzati sui portali come Airbnb, ha contribuito a svuotare i rioni del centro. La mappa di Inside Airbnb conta oltre 25mila annunci su Airbnb, rilevati a maggio del 2017, di cui oltre la metà in centro storico. Qui catene commerciali, mini-market, paninerie e ristoranti turistici hanno sostituito i negozi di prossimità, le attività storiche e artigianali, con un impoverimento della qualità dell’offerta che non ha risparmiato neanche i banchi dei mercati rionali. I ristoranti storici non riescono a competere con i nuovi locali turistici anche per via delle recensioni su Tripadvisor e la vendita dei coperti online.

A Roma il prezzo degli alloggi è molto più basso che in molte altre città a causa dell’incremento dell’offerta di alloggi turistici negli ultimi cinque anni. Su Booking.com Firenze conta 4.200 strutture, Milano 3.500, Parigi 3.700, Londra 8.900. Roma, con meno turismo di Londra, ne conta 12 mila.

Il ribasso dei prezzi è anche la diretta conseguenza delle campagne delle Online Travel Agencies, le piattaforme di prenotazione online, che mirano a far aumentare il numero di transazioni sui cui guadagnano una percentuale. Airbnb suggerisce agli host i prezzi da applicare con la funzione Prezzi Smart che stabilirebbe automaticamente il miglior prezzo sulla base di 70 fattori diversi. La multinazionale promuove mette in competizione gli host con email secondo cui «a quanto pare non stai ricevendo tante prenotazioni quante altri annunci simili al tuo. Per ricevere anche tu la tua parte di prenotazioni, prova Prezzi Smart».
I prezzi consigliati (36 euro per due persone per un appartamento con vista nel centro storico di Firenze, 21 euro per due persone nel centro storico di Genova, 13/15 euro nel centro storico di Roma) sono molto spesso inferiori a quelli che gli host ritengono accettabili. Una host romana conclude che le case «conviene tenerle vuote».

Le piattaforme suggeriscono prezzi che non tengono contodi costi «marginali»: il tempo, le spese e il lavoro che affittare su Airbnb comporta per gli host. Molti di loro lamentano sui forum online la difficoltà di controllare le impostazioni di prezzo, rifiutando i suggerimenti di prezzi da applicare, ben consapevoli dell’impatto del continuo ribasso dei prezzi sul mercato, come del rischio di lavorare gratis per la piattaforma.
Insomma la svendita al ribasso dei centri storici italiani ad opera delle piattaforme del capitalismo riguarda e mette a profitto anche la dimensione privata per eccellenza, il tempo di vita e la casa. Una dimensione privatistica che la retorica comunitaria di Airbnb ribalta nel suo opposto: Airbnb sarebbe una comunità, dove i clienti sono membri. Di più, sono cittadini, sono Airbnb Citizens. Centinaia di host si sono incontrati il 2 marzo a Roma per dare vita all’associazione Host+Host, «il movimento nazionale e indipendente che vuole dare voce alle istanze dei 200mila cittadini che affittano la loro casa per periodi brevi». L’obiettivo è «fare rete, collaborare con le istituzioni locali e realizzare progetti di cittadinanza attiva». Nel loro «manifesto di valori» gli host chiedono «regole al passo con i tempi della rete» per valorizzare la loro attività e i benefici per il territorio quali «la cura dei beni comuni». Ma in verità gli host che realmente condividono la propria casa sono la minoranza: i Super Host di Airbnb sono perlopiù specialisti di gestione delle strutture, imprese come Hostamaker, agenzie immobiliari e intermediari.

Gli affitti brevi turistici sono ancora oggetto di un vuoto normativo in Italia. Ad oggi gli accordi tra Airbnb e le città si limitano a regolamentare il versamento dell’imposta di soggiorno. Molte città europee e americane, visti gli effetti di Airbnb in termini di aumento dei valori immobiliari e carenza di case in affitto a lungo termine a prezzi accessibili, hanno introdotto rent-caps, limiti di tempo in cui è possibile affittare su Airbnb, che generalmente non superano i 90 giorni l’anno. Si calcola che oltre questo periodi l’affitto breve è più remunerativo di quello residenziale, e che mentre gli host guadagnano, saltano gli equilibri tra le funzioni urbane, come avviene nei centri delle città d’arte italiane.

A Roma gli Host dell’Home Sharing Club locale hanno realizzato delle mappe di alcuni quartieri e le hanno spedite al sindaco, alla giunta e ai consiglieri del comune, con la richiesta di incontrali per parlare del futuro della città. Airbnb fa lobbying, pressione sulle istituzioni comunali, tramite i suoi host-cittadini, per le decisioni che riguardano anche la sfera pubblica della città. Ma se Roma è peggiorata negli ultimi dieci anni è proprio a causa del prevalere degli interessi economici privati, che hanno trasformato il più grande centro storico del mondo in una Disneyland per turisti.

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