Rojava reagisce: i giovani prendono le armi e presidiano il confine
Kurdistan Kamikaze dell'Isis a Qamishlo, mentre continuano nelle rivolte nel campo di detenzione per islamisti. Le bande qaediste occupano le prime comunità. Manifestazioni in tutto il Kurdistan storico
Kurdistan Kamikaze dell'Isis a Qamishlo, mentre continuano nelle rivolte nel campo di detenzione per islamisti. Le bande qaediste occupano le prime comunità. Manifestazioni in tutto il Kurdistan storico
Una colonna di fumo nero si alza tra i negozi e le case di Qamishlo. Un kamikaze, probabilmente dell’Isis, è saltato in aria ieri a bordo di un’auto davanti a un ristorante pieno di civili: tre morti e nove feriti.
Il video che ci arriva da Rojava è la conferma di quanto la Federazione del Nord ha sempre saputo e detto: nel caos lo Stato Islamico rialza la testa e, con le unità di difesa popolare curde impegnate a difendere Rojava dall’operazione militare turca, non si nasconde più. A Deir Ezzor un’altra cellula ha ferito il copresidente del consiglio comunale della cittadina di Busera.
Il nord della Siria è accerchiato: da una parte l’aviazione turca che bombarda dal cielo mentre migliaia di miliziani islamisti e qaedisti avanzano via terra coperti dall’artiglieria pesante, dall’altra l’Isis che torna a godere del sostegno indiretto di Ankara.
Non solo sotto forma di attentati suicidi. Nel campo di Al-Hol, dove sono detenuti in sezioni speciali, accanto agli sfollati, 70mila tra miliziani Isis e i loro familiari, ieri sono proseguite per il secondo giorno consecutivo le rivolte interne.
Gli islamisti detenuti bruciano tende e protestano, alzando a dismisura il rischio di un’evasione di massa: «Sono in corso rivolte nel campo – ci dice un’attivista da Rojava – La sicurezza è ridotta al minimo perché Ypg e Ypj sono concentrate al fronte».
E le prime comunità cadono in mano ai turchi secondo il modello Afrin, il cantone a ovest occupato nell’aprile 2018: «L’occupazione territoriale la fanno le bande jihadiste di al-Nusra, con le truppe turche che restano al sicuro nelle retrovie».
E mentre gli ospedali di Serekaniye e Tal Abyad sono ormai fermi, gli sfollati si dirigono verso le zone di Hasakeh e Tel Temer: «Gli ospedali lì funzionano per cui le più grosse mobilitazioni di persone sono in quella direzione – continua l’attivista – Acqua e beni logistici cominciano a scarseggiare».
Ma le Ypg e le Ypj non sono sole, come sole non sono le Forze democratiche siriane (Sdf), federazione curda, araba, assira, circassa protagonista della liberazione dal giogo Isis: sono tantissimi i giovani che in queste ore si arruolano volontari per difendere le loro comunità e il sogno realizzato del confederalismo democratico.
I giovani vanno a combattere, chi resta manifesta. I presidi di tende crescono lungo la frontiera, scudo umano all’aggressione, mentre «le bombe – racconta ad al Jazeera Shahin Najib al-Ali, del consiglio di Kobane – piovono vicine a est, ovest, sud».
Si manifesta anche fuori dal confini ufficiali. A Piranshahr nel Kurdistan iraniano (Rojhilat) ieri in migliaia sono scesi in strada contro l’offensiva turca, mentre a Sine il sindacato degli avvocati si è appellato a Teheran perché intervenga per fermare l’invasione di Ankara. Suleimaniya, Kurdistan iracheno (Bashur), è stata giovedì teatro di una lunga marcia e ieri di una preghiera collettiva nel parco Azadi, “libertà”. Il popolo curdo, nonostante le frontiere, è unito.
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