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Roberto Gottardi, un uomo, un architetto, un compagno libero e povero

Roberto Gottardi, un uomo, un architetto, un compagno libero e poveroRoberto Gottardi

La notizia della morte di Roberto Gottardi mi ha colto di sorpresa qualche giorno fa, mentre mi trovavo e mi trovo in Colombia, come visiting professor. E scrivere di lui, […]

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 24 agosto 2017

La notizia della morte di Roberto Gottardi mi ha colto di sorpresa qualche giorno fa, mentre mi trovavo e mi trovo in Colombia, come visiting professor. E scrivere di lui, a pochi giorni dalla sua scomparsa, mi riesce difficile per la moltitudine di ricordi ed emozioni che mi assalgono, come sempre succede quando una persona a noi cara scompare, mentre pensi che nonostante il trascorrere del tempo lui debba esserci per sempre.

Lo conosco dal 2003, ero a La Habana in un progetto di cooperazione coordinato da Arci. Conoscevo già l’architettura de Las Escuelas de Arte de Cubanacan, ma non i suoi progettisti: Ricardo Porro, Vittorio Garatti e Roberto Gottardi.

Con Roberto fu una specie di colpo di fulmine a ciel sereno. Io, che per una vita ho studiato le volte in muratura, non chiedevo altro che visitare Las Escuelas con lui. E così fu.

Per due giorni interi mi accompagnò a visitare quella meraviglia architettonica. Camminammo per ore sotto il sole cocente dei Caraibi, malgrado il gennaio, e per due intere giornate mi spiegò con minuzia di particolari la nascita di quella sfida sociale e architettonica, la sua vita, le sue speranze di giovane laureato veneziano allo Iuav dei Samonà, Gardella, Albini, Belgioioso, Zevi, delle Scuole Estive Veneziane del Ciam, con il suo Direttore Ernesta N. Rogers….

Da quel giorno non si è mai interrotta la comunicazione con lui, il dialogo, fino chiedermi consigli su alcune questioni che riguardavano il progetto di ampliamento della sua Scuola di Teatro, quando all’inizio di questo secolo, il governo cubano iniziò una timida opera di restauro e completamento. Imparavo a conoscerlo meglio e ad essergli sempre più affezionato. I miei studenti che mandavo a La Habana in mobilità rimanevano affascinati dalla sua cultura, dalla sua personalità e restavano incantati dal suo modo di porsi e di raccontare l’architettura.

Nel 2005, gennaio, riusciì a invitarlo a Firenze per un seminario dedicato a lui e a Vittorio Garatti. Festeggiammo a casa mia il suo 85 compleanno. Era felice, ma non tanto per l’occasione di rivedere la sua amatissima Venezia; era felice perché era nata la sua prima nipotina e gongolava all’idea di potersela coccolare, sbaciucchiare, amare.

In quella occasione lo convinsi a viaggiare a Lugano per incontrare Mario Botta, nel suo studio. L’esperienza veneziana, sia pur in epoche diverse, li accomunava. Ricordo che Mario volle che nel suo studio non ci fosse nessuno. Aveva appena concluso il restauro della Scala di Milano e ci fece accomodare all’angolo di un grande tavolo dove troneggiava un enorme plastico della Scala restaurata. Incominciarono commentando quel lavoro, che Mario dichiarava essere stato difficile e complicato. Poi piano piano si incamminarono per la via dei ricordi comuni, incrociando persone, situazioni e commentando…

Piano piano mi resi conto di essere di troppo e così mi appartai nella stanza accanto, non senza avere lasciato l’uscio socchiuso.. e così ascoltai la più bella lezione di architettura della mia vita, che avrei voluto condividere in quello stesso momento con i miei studenti fiorentini.

Solo ora mi rendo conto che Roberto mi considerava un amico sincero, un depositario di sue cose personali, che non so se raccontasse ad altri comunemente. Mi confidò la sua preoccupazione per il futuro dei suoi figli, per il futuro di Cuba, per il futuro delle Scuole d’Arte, per la sua amatissima Venezia, che considerava cambiata, per troppo insostenibile turismo.. la amava immersa nella nebbia, all’alba.

Ora se ne è andato. Eravamo appena riusciti ad alleviare le sue pene economiche e di salute riuscendo a che gli venissero riconosciuti i benefici economici della Legge Bacchelli.

Ma la sua salute negli ultimi mesi era pericolosamente peggiorata. Avevamo in mente, con l’amica e collega Serena Maffioletti, dello Iuav, di celebrarlo invitandolo in Italia, tra Firenze e Venezia.

Se ne è andato. Ma non per questo smetteremo di lottare per lui e per un mondo migliore: la Cooperazione Italiana allo Sviluppo sta lavorando, insieme al Ministero di Cultura di Cuba, a un progetto che porti, insieme ad altre attività, al restauro dell’ Escuela de Arte Escénica, la Scuola di Roberto Gottardi.

Sarebbe il modo migliore per ricordarlo ancora e considerarlo sempre presente fra noi. Grazie, Roberto, per avere messo a mia disposizione tutto il tuo sapere e la tua amicizia. Con me, come con tutti quelli che ti hanno conosciuto.Come è proprio degli uomini veramente liberi.

*Dipartimento di Architettura, DiDA, Firenze

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