Visioni

Robert Plant, re di Napoli per una notte

Robert Plant, re di Napoli per una notteRobert Plant – foto Ansa

Musica Il live set della storica voce dei Led Zeppelin incendia il pubblico partenopeo, tra brani originali e qualche concessione al repertorio della band

Pubblicato 27 giorni faEdizione del 11 ottobre 2024

” Robbè si gruoss”! Basterebbe già questa espressione urlata a metà concerto da uno spettatore in galleria, con tutto l’amore e l’enfasi del mondo napoletano, per far capire e cercare di spiegare che cosa è, cosa rappresenta ancora e cosa vuol dire assistere dal vivo ad un concerto di Robert Plant e i Saving Grace feat Suzi Dian. Ma partiamo dalla fine, partiamo dall’entusiasmo intorno all’ex Zeppelin, entusiasmo di cui Napoli è sempre padrona e che a fine concerto, non soddisfatta di aver acclamato e applaudito il Dio dell’Olimpo durante tutto il concerto, si raduna in piazzetta Duca D’Aosta, fuori, da un sempre meraviglioso Teatro Augusteo, e inizia a chiamarlo, per far sì che il loro Dio riesca a donargli un ultimo saluto, come se Robert Plant appartenesse già a quella piazza “ Robbè affacciat” e poi tutti insieme uniti nel coro “Roberto, Roberto, Roberto”. Così, a torso nudo, con i suoi boccoli color argento, l’artista si affaccia, allarga le braccia, fa segno di –come se vi stessi abbracciando tutti- dona sorrisi e dopo qualche minuto rientra dentro. È la gloria e anche la fine di un concerto iniziato alle 21.30, e che ha visto un pubblico talmente variegato quasi da confonderci tutti: un pubblico fatto di settantenni con la maglia dei Led Zeppelin, di giovani con mille tatuaggi addosso e uno zainetto di pelle nera, di dottori e avvocati con i pullover attorcigliati sulle spalle, un pubblico di donne giovani, anziane, curiose.

ACCOMPAGNATO da una straordinaria band, perché i Saving Grace sono un progetto/ una band che pesta, suona e mena duro lì dove si deve pestare, e diventa favolosa, favolosamente favolistica dove King Robert fa partire la/le favole e le danze. Certo il passato, anche quello è “gruoss” ma il presente porta i vestiti di un Re ancora mai domo, che fa il suo ingresso sul palco, con quella sua chioma “boccolata “e d’argento, con il passo felpato da leone di metafora e segno, che non teme confronti, anzi. Un re, un Dio dell’Olimpo anche, insomma qualcuno che ha uno scettro, che ha amato tantissimo il palco, lo ha costruito il palco della musica, e che sa che offrirà al suo pubblico, il suo popolo, una serata indimenticabile, perché alla fine questo tour, partito da Bari, non fa altro che rimarcare le passioni e le radici della sua essenza musicale. Passioni musicali che vanno dai canti onirici che prendono ispirazione delle Marche gallesi, e poi la sua eterna passione per il blues, quello delle radici, del riscoprire gli spiritual e ancora il suo amore smodato per il folk britannico e americano. Tutto questo è il tour di Robert Plant e i Saving Grace feat Suzi Dian. Voce angelica quella di Suzi, carica di phatos, perfetta compagna di  Plant in splendida forma, che si muova, ancora, a settantasei anni, con la stessa sensualità degli anni giovani, in più quel carico di eleganza che non cede il passo agli anni.

E LI ATTORNIATA, la brava Suzi , come cirondata da alberi maestosi, incontra in questo lungo viaggio, i suoi compagni: alle percussioni Oli Jefferson, maestoso nei suoni, come fosse il suono di una mandria di puro sangue al galoppo. E poi Tony Kelsey (mandolino, baritono e chitarre acustiche) e poi Matt Worley (Banjo, chitarre, baritono e cuatro) . Scaletta variegata dunque; si va da brani come The Cuckoo, Jesus on the Mainline , Everybody’s song, fino a Orphan girl, Let the Four Winds blow, qualche cover dei Led Zeppelin, regalo ai più, come The rain song e un omaggio a Neil Young con il brano For the Turnstiles. C’è chi lo segue da anni Robert, c’è chi lo ha visto esibirsi con i Led Zeppelin, c’è chi lo ha visto essere il padrone del mondo e tenere una colomba bianca in mano, sempre a torso nudo; e c’è chi stasera lo ha visto per la prima volta, capendo che Robert Plant ha ora una voce che modula a seconda del suo tempo, che tiene sulle spalle la storia del rock con la semplicità con cui si indossa un pullover attorcigliato, e che se un giorno dovessero chiedere quale nome accostare all’eleganza, alla sensualità,beh ve lo possiamo assicurare, nessun dubbio: quel nome è stato ed è ancora Robert Plant, anche ora mentre ondeggia le sue gambe al ritmo del folk e facciamo anche un appello alle nuove generazioni di artisti e non: andate a “lezione” da Robert Plant, prendete esempio dalla storia del rock non dalla musica che si fa su tik tok.

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