A bordo di una nave, si annullano i codici della terraferma, vecchi legami si allentano e se ne annodano di nuovi, ranghi e priorità si capovolgono, il passato e il presente trovano nuova figura. Uno stato d’eccezione emotivo espone i passeggeri a sperimentare nuove disponibilità verso l’altro o, a volte, una chiusura ruvida e assorta. Qualcosa del genere accade quando, nell’estate del 1934, il transatlantico Olympic si distacca da terra e lascia New York alla volta dell’Europa, diventando subito «un piccolo pianeta a sé, con una propria popolazione, una propria vita e persino una propria invisibile ritualità». A bordo di...