Rispunta il Ttip sotto forma di zombie
I dazi come alibi Il presidente della Commissione Juncker firma a Washington un impegno che ricalca le regole del vecchio trattato commerciale Usa-Ue bocciato da 3 milion e mezzo di cittadini europei due anni fa
I dazi come alibi Il presidente della Commissione Juncker firma a Washington un impegno che ricalca le regole del vecchio trattato commerciale Usa-Ue bocciato da 3 milion e mezzo di cittadini europei due anni fa
Come un macigno il Ttip, il trattato transatlantico di liberalizzazione degli scambi e dei servizi tra Europa e Usa, torna a incombere sui diritti dei cittadini europei e finalmente è chiaro che non è colpa di Trump, ma di una precisa scelta della Commissione. Il presidente statunitense, infatti, non ha preso alcun impegno per lo sblocco dei dazi che limitano il commercio transatlantico.
Ricevendo a Washington il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, però, ha ottenuto gratis l’impegno europeo, messo nero su bianco nella dichiarazione conclusiva dell’incontro, a «lavorare insieme verso tariffe zero, zero barriere non tariffarie e zero sussidi per beni industriali, tranne le auto», escluse dal negoziato su veto tedesco, ma anche «per ridurre gli ostacoli e aumentare il commercio di servizi, prodotti chimici, prodotti farmaceutici, prodotti medici e soia».
Ue e Usa hanno anche convenuto di «avviare uno stretto dialogo sugli standard al fine di facilitare gli scambi, ridurre gli ostacoli burocratici e tagliare i costi». Regole, standard e caratteristiche di prodotti e servizi vengono così sottomessi alle ragioni di affari virtuali, con la scusa, suggerita da Bruxelles, che la promessa del loro abbassamento a un livello interessante per gli Usa «potrebbe ridurre la tensione commerciale attuale», nonostante nello stesso documento l’intenzione «di risolvere le questioni tariffarie e di ritorsione in acciaio e alluminio», trovi posto solo in coda agli impegni, e su base non vincolante.
Incartato nella retorica liberista c’è un attacco alle regole democratiche che pesano sulle tasche dei grandi gruppi industriali e finanziari europei. Curiosamente, a pochi mesi dalle elezioni, convocate per il 26 maggio, che potrebbero portare a un completo rimescolamento dei pesi politici nel Parlamento e nella Commissione Ue.
Non lo chiamano più Ttip, ma è esattamente quanto 3 milioni e mezzo di cittadini europei, oltre 74 mila italiani, hanno respinto al mittente oltre due anni fa, e che la Commissione si appresta a trattare, secondo quando si legge nella stessa dichiarazione, «con un gruppo di lavoro esecutivo dei nostri più stretti consulenti», cioè addirittura con minore trasparenza.
La Commissione ci ha tenuto a far sapere che sugli impegni si è consultata con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier austriaco Sebastian Kurz e quello olandese Mark Rutte.
Forse anche per questo il presidente francese Emmanuel Macron si è affrettato a dichiarare, in una conferenza congiunta con il premier spagnolo Pedro Sanchez, che «un buon dialogo commerciale si può svolgere solo sulla base di reciprocità ed equilibrio, non in presenza di minacce… non sono favorevole a lanciare un dialogo commerciale di larga scala finché il contesto non lo consenta».
Il governo italiano, ufficialmente non consultato, nonostante la lotta al Ttip sia stato uno dei cavalli di battaglia elettorali di Lega e M5S, non ha ancora preso posizione. La società civile, invece, si è già mobilitata: la Campagna Stop Ttip Italia, dal suo sito, invita tutte e tutti a scrivere ai nostri parlamentari europei per chiedere conto alla Commissione di questa corsa in avanti e «di fermare il Ttip zombie di Juncker e Trump».
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