Dopo venti mesi di negoziati, l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) ha raggiunto nella notte tra giovedì e venerdì un accordo sull’accesso ai vaccini anti-Covid. Rispetto alla proposta iniziale di India e Sudafrica – una moratoria ai brevetti su vaccini, farmaci e kit diagnostici – il testo rappresenta un compromesso molto al ribasso. Nemmeno il prolungamento della riunione, che avrebbe dovuto concludersi mercoledì, è bastato a migliorare il testo. E ora tutte le organizzazioni non governative che hanno sostenuto la moratoria chiedono agli stati membri di respingere la decisione.

PER PROVARE A SMORZARE la delusione per un accordo molto atteso, l’Omc aveva persino rilasciato un azzardato comunicato notturno che nominava la «moratoria sui brevetti» con il risultato (voluto?) di trarre in inganno molte testate. Che invece la decisione non rappresenti una svolta radicale lo ha precisato la stessa ministra al commercio estero britannica Anne-Marie Trevelyan. «Voglio essere chiara: non si tratta di una moratoria sulla proprietà intellettuale» ha detto. «Questa decisione vuole rendere più facile l’esportazione dei vaccini da parte dei paesi in via di sviluppo nel rispetto delle flessibilità pre-esistenti».

I paesi che, avendone le possibilità, intendono produrre un vaccino senza rispettare i brevetti attraverso le «licenze obbligatorie» avevano già la possibilità di farlo secondo i trattati. Ma le norme restringevano e complicavano questa strada al punto da renderla praticamente inutilizzabile. Il nuovo accordo rimuove alcune barriere: in particolare, quella che consentiva di violare i brevetti su farmaci e vaccini solo per soddisfare «prevalentemente» il mercato interno. Se ad esempio il Sudafrica vorrà produrre vaccini coperti da brevetto per esportarli in altri paesi a basso reddito, dopo l’accordo di ieri potrà farlo.

L’ACCORDO PERÒ LIMITA anche questa timida apertura. Innanzitutto, dovranno rinunciarvi «spontaneamente» i Paesi sviluppati. La Cina, che potrebbe soddisfare una buona parte della domanda di vaccini a mRna, lo ha già fatto. Inoltre, la moratoria dura solo cinque anni, pochi per sviluppare da zero una produzione di vaccini e ammortizzare l’investimento attraverso le esportazioni. Infine, l’Omc ha rimandato di sei mesi la discussione sull’estensione dell’accordo anche ai farmaci.

«LE MISURE DEFINITE nell’accordo non affrontano minimamente il problema dei monopoli farmaceutici, non garantiscono un accesso sostenibile a strumenti medici salvavita e costituiranno un precedente negativo per future pandemie e crisi sanitarie globali» denuncia Christos Christou, presidente internazionale della ong Medici Senza Frontiere (Msf). «Nonostante le tante promesse di solidarietà dei leader politici, è stato scoraggiante per noi vedere come i paesi ricchi non siano riusciti a risolvere le evidenti disuguaglianze nell’accesso agli strumenti medici salvavita contro il Covid-19 per le persone nei paesi a basso e medio reddito». Gli dà ragione il ministro del commercio indiano Piyush Goyal, secondo cui «nessun nuovo impianto di produzione dei vaccini sarà realizzato grazie a questo accordo».

Vittorio Agnoletto, portavoce della campagna europea «Diritto alla cura», è altrettanto critico. «Tutto questo sistema lascia quindi ogni singola nazione da sola a dover discutere con le grandi multinazionali farmaceutiche» spiega. «Sarà molto difficile poterlo utilizzare come per altro è stato fino ad ora nella sua versione precedente». L’Italia si rivela uno dei principali alleati di Big Pharma. All’Omc è intervenuto il sottosegretario agli esteri Manlio di Stefano del M5S: «La produzione globale di vaccini – ha dichiarato – è costantemente aumentata e la proprietà intellettuale è stato un fattore facilitante», in contraddizione con molte dichiarazioni rilasciate in patria dal Movimento. «È un’affermazione che rappresenta un totale ribaltamento della realtà e che certamente non facilita la discussione», chiosa Agnoletto.

LA PROPOSTA DI INDIA e Sudafrica mirava a sospendere i brevetti e i segreti industriali su tutti gli strumenti anti-Covid per renderli accessibili ai paesi a basso reddito, ancora oggi largamente esclusi. Meno di una persona su cinque è vaccinata in Africa, dove le dosi sono arrivati a rilento per il prezzo elevato e per la concorrenza dei Paesi più ricchi che hanno monopolizzato le forniture. Su farmaci e test, senza i quali non è possibile quantificare l’emergenza né somministrare tempestivamente le terapie, le disparità sono persino più gravi.

VACCINI, FARMACI E TEST sono prodotti in pochi Paesi industrializzati e hanno costi abbordabili solo per le economie più ricche e mantenuti elevati dai monopoli stabiliti attraverso i brevetti. La moratoria inizialmente proposta puntava ad allargare il novero dei paesi produttori e abbassare i costi, com’è avvenuto con i farmaci antivirali all’inizio degli anni 2000 dopo una lunga battaglia all’Omc, che ha reso accessibili le terapie per milioni di persone sieropositive nei paesi a basso reddito.