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Renitenti ucraini, un fenomeno marginale? Sembra proprio di no

Renitenti ucraini, un fenomeno marginale? Sembra proprio di noSoldati ucraini foto Ap

Commenti Botta e risposta a partire dall'articolo «Renitenti bipartisan alla guerra voluta dai grandi oligarchi» di Andrea Sceresini, Giuseppe Borrello e Matteo Delbò

Pubblicato circa un anno faEdizione del 12 agosto 2023

L ’articolo che avete intitolato «Renitenti bipartisan alla guerra voluta dai grandi oligarchi» apre interrogativi, induce riflessioni e approfondimenti. Logicamente è sui disertori ucraini il dubbio, non su quelli russi. Se ci fosse veramente, un fenomeno di rifiuto della guerra in Ucraina sarebbe una novità importante.

Ho verificato nel pezzo della BBC on line (citato nel vostro articolo) che seimila duecento uomini ucraini hanno varcato («illegalmente») il confine rumeno. Da inizio invasione fino a giugno di quest’anno. Ci sono anche i confini con Moldavia Slovacchia Ungheria Polonia sui quali non abbiamo stime.

Ipotizziamo altri diecimila? Altri 14 Mila? Facciamo ventimila totale. Impressionante? Statisticamente no. Gli uomini che non possono uscire dall’ Ucraina perché arruolati o potenzialmente arruolabili sono circa 9 milioni. (maschi tra i 18 e i 60 anni). Se uno su cento si fosse sottratto sarebbero 90mila i fuggiti. Teniamo anche conto che le cifre fornite o stimate si riferiscono complessivamente a chi è espatriato illegalmente dall’ Ucraina, non a chi era sotto le armi. Può averlo fatto per lavoro, per motivi familiari o altro.

È un paese dal quale si era abituati a muoversi, ora possono uscire solo donne minori anziani. Ventimila fuggiaschi non prefigurano una crisi di consenso. Neanche fossero centomila. I volontari, quelli che chiedono di andare al fronte, sono molti di più. Personalmente sono stato solo due volte per pochissimi giorni a Kyiv e le mie impressioni di compattezza nazionale potrebbero essere fallaci. Mi sembra però che un fenomeno di renitenza o diserzione di massa occultato dai media non esista. C’è sempre un po’ di tutto al mondo, ma i numeri e le proporzioni ci danno l’ importanza dei fenomeni.


La replica di Andrea Sceresini, Giuseppe Borrello e Matteo Delbò

Caro Paolo, siamo contenti delle tue osservazioni, che speriamo possano contribuire a generare un dibattito più ampio sul tema. È vero che quello della renitenza alla leva e della diserzione non è, in Ucraina, un fenomeno generalizzato – anche perché, se così fosse, forse la storia avrebbe già preso una piega diversa. Nessuno ha mai affermato il contrario. Non è però nemmeno un fenomeno marginale, così come non marginale è il sentimento di rifiuto della guerra.

La BBC parla di 6.200 uomini che sono fuggiti illegalmente in Romania, ma a questi bisogna aggiungere i 20mila che «sono arrivati lì legalmente, armati di esenzioni – a volte pagate, a volte no – e hanno scelto di non tornare». E poi, bisogna aggiungere quelli che sono transitati, illegalmente o no, attraverso la Polonia, la Slovacchia, l’Ungheria e la Moldavia. E bisogna aggiungere, soprattutto, i molti – moltissimi – che i soldi per pagare dei trafficanti o comprarsi un’esenzione proprio non ce li hanno – e allora restano lì, chiusi nei loro appartamenti o in qualche casa di campagna, nell’attesa che passi la tempesta. Tutti costoro sono mossi da un senso di opposizione ideologico alla guerra? Certamente no.

In molti, semplicemente, non vogliono rimetterci la pelle facendosi scannare in qualche carnaio nel Donbass – cosa peraltro più che legittima, almeno dal nostro punto di vista. D’altronde, se veramente la stragrande maggioranza dei cittadini fosse pronta ad impugnare il fucile, non si capisce per quale ragione le autorità di Kiev avrebbero bisogno di ricorrere regolarmente ad arruolamenti sommari, fermando la gente per strada e trascinandola a forza in caserma.

Noi siamo stati più volte in Ucraina fin dal 2014, e ciò che abbiamo registrato – al netto della propaganda ultranazionalista – è una costante disaffezione nei confronti del conflitto, che peraltro si fa sempre più radicale man mano che ci si avvicina ai campi di battaglia (Leopoli rigurgita di patrioti, Kramatorsk un po’ meno). Quale sia la maggioranza e quale la minoranza, noi non lo sappiamo (del resto non esistono statistiche ufficiali nemmeno sul numero dei caduti – figuriamoci su quello dei refrattari). Ciò che sappiamo, è che mentre in posti come Bakhmut migliaia di ragazzi vengono mandati quotidianamente al massacro, a Kiev c’è chi già sta firmando contratti miliardari per la futura ricostruzione del Paese. Questo anche gli ucraini lo vedono, e giustamente ne traggono le dovute conclusioni. I disertori russi (che a loro volta rappresentano una minoranza della popolazione arruolabile) hanno spesso le medesime argomentazioni dei loro omologhi sull’altro lato del fronte. La domanda è: perché dei primi è lecito parlare e dei secondi no?

P.S.: Proprio ieri Zelensky ha deciso di offrirci un’ulteriore argomentazione annunciando il licenziamento in massa di tutti i funzionari regionali incaricati del reclutamento. Il motivo? Aiutavano i coscritti a disertare in cambio di denaro. Tutti i funzionari regionali. In massa. C’è bisogno di aggiungere altro?

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