Lavoro

«Reddito di cittadinanza», la Lega propone 36 ore di lavoro obbligatorio a settimana

«Reddito di cittadinanza», la Lega propone 36 ore di lavoro obbligatorio a settimana

Workfare all'italiana Presentati alla commissione lavoro al Senato 1626 emendamenti al "decretone reddito-quota 100", 77 sono della maggioranza Lega-Cinque Stelle. Il partito di Salvini chiede la modifica della corvée prevista dai CInque Stelle: otto ore a settimana. E boccia la cumulabilità del bonus per gli under 35 e disoccupati con l'incentivo alle imprese che assumono i beneficiari del "reddito al Sud". La ministra Lezzi si dice "sconcertata". Di Maio incontra le regioni sui "navigator precari". Rischia un ricorso alla Corte Costituzionale

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 febbraio 2019

La presentazione di 1626 emendamenti al «decretone» sul sussidio detto impropriamente «di cittadinanza» e sulle pensioni «quota 100» è diventata una nuova puntata della guerra intestina che oppone la Lega al Movimento 5 Stelle al governo. Assente nella legge di bilancio, per il Sud è stata garantita la cumulabilità del bonus per l’assunzione di under 35 e disoccupati con gli incentivi alle assunzioni dei beneficiari del «reddito» trasformati in veicoli finanziari dell’assistenzialismo statale alle imprese. Un emendamento del capogruppo della Lega, Massimiliano Romeo, presentato ieri in commissione lavoro del Senato, ha bocciato il doppio bonus. La ministra per il Sud Barbara Lezzi (M5S) si è detta ieri «basita e quasi sconcertata».

Succede, quando tra «alleati» non ci si parla. O quando Salvini decide di ottenere più di quello che ha già avuto dai Cinque Stelle. Altri sconcerti attendono i pentastellati. Tra i 43 emendamenti della Lega (34 sono dei Cinque Stelle) emerge uno che porta i lavori obbligatori per i comuni da otto a 36 ore a settimana. Qualora fosse approvato, il «reddito di sudditanza» si trasformerà da corvée gratuita in una moderna schiavitù. Prevista anche un’ulteriore sanzione contro i cittadini indebitati con i comuni: la Lega chiede che il 10% del sussidio sia girato al Comune di residenza se un componente del nucleo familiare è debitore di Imu, Tasi, Tari o del servizio idrico. Per i giovani tra i 18 e i 28 anni che faranno domanda del sussidio è previsto, inoltre, un anno di servizio civile obbligatorio. In entrambi i casi si dovranno aggiungere i periodi di formazione e gli obblighi di spostarsi a 100, 250 o 500 km da casa (sempre che restino). Obiettivo: riempire la vita dei «poveri assoluti» di obblighi e sanzioni (fino a sei anni di carcere in caso di truffe), in cambio della differenza media tra 780 euro e il reddito Isee. Altri emendamenti M5S tendono a esentare da questo «workfare» chi ha figli minori o parenti disabili. Dopo avere ottenuto di escludere gli stranieri extracomunitari residenti da meno di 10 anni, di cui gli ultimi due anni continuativi, un altro emendamento dei salviniani tende a rendere la vita impossibile ai pochi aventi diritti superstiti. Dovranno avere versato imposte e contributi, produrre una certificazione patrimoniale, tradotta in italiano dai paesi di provenienza, per comprovare la composizione del nucleo familiare. La Lega propone anche un altro «paletto»: va riconosciuto il reddito solo a chi ha lavorato due anni nei 10 precedenti. Un altro modo per restringere l’attuale, incerta, platea potenziale dei beneficiari. Richiesto anche l’aumento dei coefficienti della scala di equivalenza e l’esclusione dell’assegno di invalidità dal calcolo dell’Isee per le famiglie con disabili finora penalizzare. La Lega chiede che il sussidio sia rinnovato una sola volta per un periodo pari alla prima erogazione. Attualmente il governo prevede tre proposte di lavoro nell’arco di 18 mesi. L’esito della nuova partita si vedrà al Senato già a partire dalla prossima settimana (il 19?).

Anche se il 6 aprile, primo termine per fare domanda, è dietro l’angolo, la strada è lunga. Ieri al Mise il ministro del lavoro Di Maio ha incontrato per tre ore le regioni sui seimila «navigator» precari che cercheranno un lavoro per i «poveri» assoluti. Le regioni chiedono di assumerli con contratti a tempo indeterminato, evitando che lo faccia l’agenzia Anpal per 2 anni con un co.co.co. L’idea di farli partecipare successivamente a un concorso pubblico rischia di moltiplicare i ricorsi e non assicura la stabilizzazione. Il governo potrebbe trasferire i fondi alle regioni che, in cambio, faranno concorsi in tempi rapidi. L’accordo non è stato raggiunto. Sarà valutato nei prossimi giorni, per arrivare alla conferenza Stato-Regioni. Queste ultime potrebbero presentare emendamenti al «decretone» nei prossimi giorni. Se il decreto fosse convertito nei termini attuali le regioni potrebbero valutare l’ipotesi del ricorso alla Corte costituzionale perché il governo non ha tenuto conto delle loro competenze.

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