Visioni

«Raffaello in 3D», il racconto dell’arte sublime

«Raffaello in 3D», il racconto dell’arte sublime

Cinema Presentato da Sky, Musei Vaticani e Nexo Digital, ricostruisceper la prima volta l'esistenza dell'artista indagando tra le pieghe della sua creatività. Tra «set» originali e una visione inedita della Cappella Sistina

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 5 aprile 2017

Se si scorre la breve e intensissima – oltre che piena di gloria: non è da tutti firmarsi magister a 17 anni in calce ai propri quadri – vita di Raffaello Sanzio, è difficile non rimanere impressionati dalla sua aura di successo. Si può escludere, forse, soltanto il momento buio del suo divenire orfano a undici anni, ma era accadimento comune all’epoca. Eppure, la trasposizione cinematografica che ancor oggi è nelle sale italiane e per la prima volta ricostruisce la sua esistenza, indagando tra le pieghe della sua creatività – Raffaello, il principe delle arti in 3D, presentato da Sky, Musei Vaticani e Nexo Digital, in collaborazione con Magnitudo Film, ha dalla sua qualche motivo in più di stupore.

 

 

Per esempio, offre allo spettatore una Cappella Sistina mai vista, così come venne guardata dall’artista stesso e da altri ammiratori il 26 dicembre 1519, con sette arazzi di Raffaello finalmente attaccati alle pareti (raffinatissimi, li terminò in una manciata di mesi, ora sono conservati ai musei Vaticani): le scene ripropongono anche quel Perugino che venne distrutto per far posto al Giudizio universale michelangiolesco. Il film, terminato in diciotto mesi, ha potuto contare su alcuni «set» originali, che hanno mantenuto la loro identità cinquecentesca, come gli ambienti di Urbino in cui si aggira un Raffaello bambino, che pasticcia con i colori nell’atelier paterno. E per cast, sono stati selezionati gli attori che più somigliavano ai ritratti antichi dei protagonisti, alle fattezze tramandate dai tanti dipinti a loro dedicati: Flavio Parenti è l’artista marchigiano, Angela Curri l’amata Fornarina, Enrico Lo Verso il padre Giovanni Santi (pittore anch’esso e primo maestro di Raffaello), Marco Cocci, l’amico Pietro Bembo.

 

 

Essendo un film sull’arte sublime – la perfezione dell’umanesimo incarnata anche dai quadri a soggetto sacro, una visione antropocentrica per eccellenza – non può che fondarsi sul linguaggio stesso che va a scandagliare. Molte, infatti, le ricostruzioni storiche che si basano sull’iconografia di opere ottocentesche – da Ingres a Gérôme – quando Raffaello divenne un eroe romantico, soprattutto grazie alla sua storia d’amore con Margherita Luti (la Fornarina), spezzata tragicamente con la precoce morte dell’artista – probabilmente per le febbri malariche che falcidiavano i romani – e lei, secondo leggenda, rinchiusa in convento.

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