Ormai vent’anni fa, quando Rachel Cusk, al tempo niente affatto nota, decise di affidare a un dispositivo letterario la metabolizzazione del trauma che le era derivato dall’essersi ritrovata incinta prima, e madre poi, pressoché nessuno prestò attenzione alla già allora eclatante qualità della sua scrittura. Ancora più sorprendente è il fatto che la stessa Cusk ritenne di dover impiegare del tempo per difendersi, e rassicurare quell’infinitesimale frammento della pubblica opinione che se ne sentiva riguardato, sulla sua rispettabilità, anche dal punto di vista sentimentale. Sembrava avesse perso di vista, lei pure, il fatto che la letteratura è anzitutto una macchina...