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Racconti giapponesi al femminile

Racconti giapponesi al femminile

Graphic Novel Storie di guerra in "Cocoon" di Machiko Kyo e di liceali in "Blue" di Kiriko Mananan

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 29 settembre 2018

La battaglia di Okinawa è uno degli esempi più cruenti della follia della guerra, fra l’aprile ed il giugno del 1945 con il Giappone oramai prossimo alla capitolazione, nell’isola meridionale dell’arcipelago perirono circa 150 mila persone, fra cui moltissimi civili che furono mobilitati e mandati al massacro. Partendo da questi tragici eventi e focalizzandosi sulle vicende delle cosidette studentesse Himeyuri, la mangaka Machiko Kyo fra il 2009 ed il 2010 realizza uno dei lavori più toccanti sul tema dell’amicizia e dell’umanità in un contesto fortemente inumano come quello bellico. Il fumetto in volume unico è stato pubblicato da poco anche in Italia, Cocoon (Edizioni Dynit, traduzione di Asuka Ozumi, 216 pp) è un lavoro dal tratto dolce ma che fin dalle primissime pagine spiazza il lettore per la schiettezza con cui delinea le vite delle giovani ragazze costrette a servire la patria. San è una ragazza dell’alta borgesia che frequenta una scuola superiore femminile, quando però le lingue di fuoco della guerra si avvicinano, viene arruolata assieme alle sue compagne come infermiera in uno degli ospedali d’emergenza ricavati nelle grotte naturali dell’isola. Molte delle sue compagne perdono la vita e chi riesce a sopravvivere è testimone dell’orrore più puro, operazioni senza anestesia, corpi smembrati e infestati dai vermi, e inesorabilmente finisce per cadere nel delirio e nella disperazione piu cupa. Solo chi, in un modo o nell’altro, riesce a schermare tutta questa oscurità, riuscirà a vedere la luce alla fine della guerra

È in questo senso che va interpretato il bozzolo a cui fa riferimento il titolo (Cocoon), una fantasticheria sognante quasi dal tocco bachelardiano, un processo salvifico che Mayu, una delle sue compagne, “tesse” attorno a San e dentro al quale le due cercano scampo dagli orrori. Si tratta di un isolamento necessario che le due praticano per poter sopravvivere e non venir sopraffatte dalla violenza in cui il mondo è stato inghiottito. Nel corso di questa discesa agli inferi il tratto del disegno rimane sempre quello iniziale delicato e dolce, si tratta pur sempre dell’universo di due adolescenti che si aprono alla scoperta della vita, anche se il destino vuole che siano nate in un periodo in cui il mondo è diventato inferno. Non solo San e Mayu cercano di allontanare o filtrare ciò che succede all’esterno, ma provano a cancellare dal mondo anche la presenza maschile, gli uomini quasi non ci sono, sono impegnati infatti a massacrarsi al fronte, ma anche perchè rappresentano, agli occhi delle ragazze, la degradazione del genere umano. Nelle poche tavole in cui vediamo dei soldati, o sono ridotti a corpi inermi, o sono disegnati come delle macchie informi senza volto mosse solamente da violenza e da istinti bestiali. “La patria” “per la patria” ripetono spesso le ragazze, quasi meccanicamente e come una sorta di mantra per cercare di dare un senso a ciò che non ne ha, e nel contesto disperato in cui queste parole sono pronunciate, suonano tanto surreali quanto vuote. Inculcata in decenni di “educazione” e propaganda nazionalista, l’ossessione per la propria terra, per il Giappone che non può essere sconfitto e per cui bisogna sacrificare tutto, anche se stessi, a distanza di così tanti anni fa ancora sanguinare il cuore in quanto ha negato ad un’intera generazione il diritto di vivere la propria vita. Di tutt’altro genere, stile ed ambientazione, ma allo stesso tempo un lavoro che come Cocoon getta uno sguardo obliquo e tutto femminile sul mondo, Blue (Edizioni Dynit, traduzione di Asuka Ozumi, 216 pp) di Kiriko Nananan, racconta di due giovani ragazze, Kayako e Masami e delle loro tribolazioi esistenziali durante l’ultimo anno delle superiori, periodo di passaggio fra i più importanti nell’arcipelago.

L’amicizia intima fra le due protagoniste trascende fino a diventare amore ed è raccontata atraverso uno stile minimalista, il bianco e nero quasi stilizzato dei disegni si fa portatore dei silenzi e del non detto che spesso caratterizzano il periodo adolescenziale. Le ellissi narrative ed il bianco abbagliante che compongono il fumetto, dilatano e tendono all’estremo il tempo rappresentato sulle pagine, tutto viene amplificato ed acuito, ogni piccolo gesto, una carezza, uno sguardo o una posa del corpo, sono percepiti come delle irreparabili lacerazioni su uno sfondo bianco infinito. Il Blue del titolo, come fa giustamente notare Francesca Scotti nella sua postfazione, è allora il colore che in tutta la sua intensità, luminosità, trasparenza rappresenta la stagione della vita, l’adolescenza, che più guarda all’infinito.

Così come in Cocoon, anche in questo manga è significativo per l’approccio e l’estetica adottata come i maschi, sia adulti che coetanei, anche se vengono nominati e fanno parte della storia, non siano mai mostrati. Il mondo adulto dei genitori subisce lo stesso trattamento, ci sono un paio di tavole in un cui una delle due ragazze dialoga con la madre, ma di questa vediamo, quasi bressonianamente, solamente qualche parte del corpo e mai il volto. Specialmente per una delle due protagoniste, la famiglia è una sorta di sfondo onnipresente che in modo involontario, infatti le sono concesse molte libertà che le altre sue coetanee non hanno, esercita una costante pressione verso il futuro della figlia. Questa è derivata anche dalle  aspettative di una società che, per poter funzionare, esige dai suoi membri un percorso ben delineato e prestabilito: matrimonio, figli ed un lavoro sicuro. L’autrice però non è mai manichea nella descrizione di questi rapporti, anzi la narrazione quasi impressionistica del lavoro presenta delle problematiche ma non offre mai soluzioni, rivelando l’impossibilità per le protagoniste di trovare una via d’uscita che non sia l’oblio. 

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