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Quel suo singolare magistero spingeva con autorevole dolcezza verso la «cittadinanza attiva»

Quel suo singolare magistero spingeva con autorevole dolcezza verso la «cittadinanza attiva»Rossanda nel 1970 al Teatro Eliseo

La proiezione di futuro Rossana la enfatizzava negli anni precedenti il ’68, quando veniva nella «città fabbrica» di Torino, in fermento culturale sindacale e operaio, per organizzare incontri seminariali con la federazione del Pci, spingendo con dolcezza ma fermezza sugli straordinari compiti che il partito avrebbe dovuto assumere nell’approssimarsi del grande ciclo di lotte

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 22 settembre 2020

In una nota per il mio diario di carcere Un’idea di libertà, Rossana scriveva nel 1985: «Nato dai politici, questo cammino alla riconquista di un io parlante collettivo… dilagherà fra i comuni, sostituendo a una visione di sé come frutto della società, la nuova visione di sé come soggetto non interamente sovradeterminato, capace di giudicarsi e mutarsi: parte della società che si rende visibile come riflessione e proposta, dolorante e in piedi. Così la barriera è rotta».

Parole che, nel fuoco delle battaglie sul processo 7 aprile, erano un commento al movimento comunitario di Rebibbia del 1981: una specie di oracolo sulle molteplici tensioni di cittadinanza attiva e di esperienze di democrazia comunitaria che, a fasi discontinue e esiti contraddittori, hanno segnato diffusamente il nostro territorio fino a oggi.

La stessa proiezione di futuro Rossana la enfatizzava negli anni precedenti il ’68, quando veniva nella «città fabbrica» di Torino, in fermento culturale (Quaderni Rossi e Classe Operaia) sindacale (la Cgil di Garavini, Pugno, Oddone) e operaio (le lotte sull’orario, sulla salute, ecc), per organizzare incontri seminariali con la federazione del Pci, spingendo con dolcezza ma fermezza sugli straordinari compiti che il partito avrebbe dovuto assumere nell’approssimarsi del grande ciclo di lotte.

La circondava un’aura intensa e musicale che l’accompagnava in pubblico e si imponeva nei dialoghi personali; ne ho fatto esperienza poetica anni dopo, uscito dal carcere, nelle riunioni a il manifesto e nelle serate di lavoro nella sua casa romana a preparare il processo 7 aprile.

Era un’aura che trasformava il suo denso percorso politico, dalla Resistenza al Partito, in una presenza dolcemente autorevole, gravida di storia in ogni momento particolare della comunicazione; soprattutto con interlocutori come me, di recente militanza nel Pci prima, in Potere Operaio poi e nelle successive esperienze di ricerca/azione.

Credo siano stati molti nella sua lunga vita politica e culturale gli interlocutori «saltuari» come me; ma credo che a tutti e a tutte abbia restituito la confortante sensazione di far parte attiva di una storia molto più lunga, più importante e continua.

Grazie Rossana per questo singolare magistero.

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