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Quando nevicava anche d’agosto

Divano La rubrica su arte e società. A cura di Alberto Olivetti
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 29 dicembre 2023

Ampie porzioni della predella della Madonna delle nevi dipinta nel 1432 da Sassetta sono cadute in modo irreparabile. Della storia illustrata in sette comparti restano frammentari i primi quattro. Nel primo comparto, tuttavia, si possono vedere ancora due dormienti nel talamo nuziale, mentre negli ultimi tre della serie si succedono scene che riguardano la costruzione di un edificio che si intuisce imponente.

Non fosse per altre fonti accessibile, la ricostruzione della vicenda rappresentata porrebbe agli interpreti non poche difficoltà. Ma si tratta di una antica storia ben nota, accaduta a Roma, come si narra. Si fa risalire al mese di agosto dell’anno 352. Due giovani sposi della ricca aristocrazia si sono convertiti al cristianesimo. Animati da gran fervore, si chiedono come possano mostrare il loro entusiasmo di neofiti, con quali gesti, con quali opere.

Nel cuore della notte tra il quattro ed il cinque d’agosto ecco apparire loro, in sogno, la Vergine Maria. Si sveglino, si rechino sul colle Esquilino. Al sommo del colle un candido manto di neve, sull’erba, come un tappeto disteso, descrive l’area nella quale papa Liborio, solertemente accorso, fa erigere la basilica di Santa Maria Maggiore, presto realizzata grazie anche al generoso contributo della giovane coppia.

Sassetta, nella grande pala d’altare ora agli Uffizi, pone la Vergine col Bambino in trono, ai lati San Pietro e il Battista, San Paolo e San Francesco d’Assisi. E poi due angeli. L’uno porge un mucchio di neve in un vassoio; l’altro è intento a comporre una bianca palla. Ma l’attività dei due angeli, svolta con compunzione, non è così evidente ad un primo colpo d’occhio e la scopri non senza sorpresa, allora, massime per il gesto delle due mani angeliche, così domestico e usuale come è quello dell’impastare acqua e farina per il pane quotidiano. Non più di un accenno alla nevicata miracolosa dell’agosto del 352, dunque, in Sassetta.

Ben altra è la scelta di Matteo di Giovanni quando, trentacinque anni dopo, nel 1477, riceve l’incarico di raffigurare una Madonna delle nevi dall’arcivescovo Giovanni Cinughi, sodale di Pio II Piccolomini. Il religioso fa erigere a Siena quello che, dagli stilemi architettonici della facciata, bene può definirsi un tempietto, per come ricorda quelli dell’antichità classica. Una chiesa ad una navata, di ridotte proporzioni, ove sull’altare troneggi la Vergine del miracolo sull’Esquilino (il trono si orna di due vasi ad anfora coronati di neve in fiocchi).

Matteo le raduna d’attorno sedici angeli. Un’aureola dorata illumina il volto di ciascuno e in ordinata disposizione punteggia l’intera scena di luci fulgide. Ogni angelo, chi in un canestro, chi su un piatto d’argento, reca dal paradiso neve immacolata e fresca e la esibisce; e chi, tenuta tra le mani nella rotondità d’una palla, quella divina neve pare offrire a chi ne inoltri liturgica richiesta. Se ne fanno intercessori quattro santi che rendono omaggio alla Vergine: Pietro e Lorenzo, l’evangelista Giovanni e la senese Caterina.

Lorenzo è inginocchiato, volge lo sguardo al Bambino mentre assicura l’equilibrio della graticola, non dovesse scivolare con metallico suono sui marmi commessi del pavimento. Caterina, le mani giunte, inginocchiata anch’essa, veste i panni bianchi e neri dell’ordine domenicano. Nella sottostante predella, scandita in tre atti, si può osservare la storia dell’edificazione di Santa Maria Maggiore, eretta entro il perimetro della nevicata d’agosto raccontata nei termini che conosciamo.

A me pare un’immagine assoluta quella che Matteo ha dipinto nel primo comparto. Roma è indicata dalla cerchia turrita delle mura Aureliane, rosse come una collana di corallo. Un candido lenzuolo delinea la pianta del tempio che verrà. Hai una astrazione dei concetti e una misura figurale degli spazi che puoi dire assolute. Un’immagine che interpella la legittimità d’un accostamento alle opere della pittura facendo ricorso a meri strumenti d’ordine temporale, ovvero cronologico. V’è una atemporalità che in certi suoi altissimi raggiungimenti la pittura ottiene. Oltre le scuole, le circostanze e le condizioni d’ordine storico, tanto da potersi definire pittura pura.

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