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In Engadina con Nietzsche presso la roccia di Zarathustra

In Engadina con Nietzsche presso la roccia  di ZarathustraJohannes Wilhelm (Hans) Olde, Friedrich Nietzsche malato sul letto, part., 1889 – Weimar, Goethe-Nationalmuseum

Biografie intellettuali 1884: Rosa von Schirnhofer, studentessa austriaca, conosce a Nizza Nietzsche, poi lo rivede malato. Più di 50 anni dopo ne scrive un ritratto «quotidiano», ora tradotto da Feltrinelli

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 24 dicembre 2023

Il 29 luglio 1888, poco prima del suo crollo mentale, in una lettera da Sils-Maria all’amico e ammiratore Carl Fuchs, Nietzsche scriveva che nessuno fino a quel momento aveva avuto la saggezza di descriverlo senza valutarlo. Poi, quasi sintetizzando i cardini della sua filosofia, precisava che non era stato caratterizzato «né come psicologo, né come scrittore (“poeta” compreso), né come inventore di un nuovo tipo di pessimismo (dionisiaco, nato dalla forza, che si compiace di prendere il problema dell’esistenza per le corna), né come immoralista (– la più alta forma di “rettitudine intellettuale” fino ad oggi, che può trattare la morale come un’illusione dopo che essa stessa è diventata istinto e inevitabilità –)». Non era necessario – continuava – che ci si schierasse dalla sua parte, anzi avrebbe considerato un atteggiamento più intelligente (intelligentere Stellung) che lo si osservasse con una certa resistenza ironica (ironischen Widerstande). Subito dopo però concludeva la lettera considerando questo suo desiderio come un’ingenuità: «una piccola ricetta per tirarsi fuori felicemente da qualcosa di impossibile».

Quanto Nietzsche si augurava al termine della sua vita cosciente – un desiderio ricorrente nei suoi scritti, in particolare in Ecce homo – era davvero impossibile, sia perché la speculazione filosofica per sua natura giudicante e valutativa – critica appunto – giunge proprio con lui a esiti così radicali che si è di fatto costretti a prendere posizione, sia perché la sua biografia suscita da sempre un interesse non comune, talvolta persino morboso, sulla sua persona.

Senza contare che ancora prima della morte, Nietzsche fu elevato a vero e proprio mito dalle manipolazioni biografiche ed editoriali della sorella e del gruppo costituitosi intorno all’archivio di Weimar, a cui ben presto si aggiunsero di rimando tentativi altrettanto falsanti di denigrazione e di riduzione dell’importanza del suo pensiero a prodotto di varie malattie.

Va da sé che devoti e denigratori, con il loro fronteggiarsi, contribuirono alla fama e al successo di Nietzsche, a renderlo già dai primi del Novecento oggetto di dibattito e di culto, ma tutto ciò, da un lato, rallentò lo studio vero e proprio della sua opera, reso possibile soprattutto a partire dall’edizione critica di Giorgio Colli e Mazzino Montinari, mentre dall’altro influenzò molte delle testimonianze di chi lo aveva conosciuto.

I ricordi di chi incontrò Nietzsche, infatti, mettono certo a disposizione informazioni che possono essere utili per capirlo, visto che con lui la biografia entra prepotentemente nella riflessione filosofica, a condizione però che li si esamini storicamente, cioè nel tempo in cui furono scritti, oltreché tenendo in conto i meccanismi e le trappole della memoria.

Ecco che allora la testimonianza di Resa von Schirnhofer Vom Menschen Nietzsche, pubblicata da Hans Lohberger nel 1968 sulla «Zeitschrift für philosophische Forschung» e ora integralmente in italiano da Feltrinelli con la cura di Susanna Mati (Sull’uomo Nietzsche, pp.107, euro 9,50), andrebbe letta considerando che essa fu scritta, ma non resa pubblica, dall’autrice nel 1937, a oltre cinquanta anni dal suo incontro con Nietzsche e dopo la lettura del Nietzsche-Heft del 1931.

Nel 1884 Resa von Schirnofer, studentessa austriaca di filosofia a Zurigo, ebbe la possibilità di incontrare Nietzsche a Nizza, grazie alla comune amica Malwida von Meysenburg, la convinta sostenitrice della liberazione delle donne, oltreché delle classi sociali svantaggiate, che a Nietzsche resterà legata da amicizia fino alla fine.

L’incontro fra i due inaugurò una frequentazione amichevole, senza cioè quelle implicazioni sentimentali o competizioni intellettuali che avevano caratterizzato ad esempio il rapporto di Nietzsche con Lou von Salomé, e uno scambio epistolare che li portò a vedersi altre due volte. Si incontrarono, infatti, nel 1887 a Sils Maria e a Zurigo, poi nel 1897 Resa von Schirnhofer si recò persino a Weimar dove Nietzsche, ormai non più cosciente, viveva con la sorella Elisabeth.

Di quel lontano periodo l’ottantenne Resa von Schirnhofer, che vive a Bressanone, cioè nell’Italia fascista a due passi dalla Germania nazista, ricorda l’uomo e insieme il filosofo, ma non quello di culto di cui si è impossessata l’ideologia del tempo. Un uomo solitario, «di raffinata cortesia», afflitto da malanni e ossessioni, che intravede con lucidità e spaesamento il baratro della sua follia.

Si tratta di una caratterizzazione che assume un significato più forte proprio per il tempo in cui fu scritta – aspetto che Mati però non ritiene di considerare più di tanto – perché essa si distanzia da qualsiasi mitizzazione corrotta come dalle letture riduttive.

Resa von Schirnhofer, infatti, da un lato delinea il ritratto di un uomo nella sua quotidianità e nelle sue traversie, mentre dall’altro è ben attenta a chiarire che l’intelligenza filosofica di Nietzsche è l’espressione di una «geniale personalità», non certo un sintomo patologico.

L’uomo tormentato e gentile è così inseparabile dal pensatore che sa «illuminare e lasciar scintillare intelligentemente ogni argomento» mentre, ad esempio, in Engadina conduce l’amica presso la roccia di Zarathustra (da poco Nietzsche ha consegnato la terza parte del suo quinto vangelo), quindi sul prato nei pressi del lago di Silvaplana, sua oasi di riflessione e di quiete, oppure quando le parla della sua ammirazione per la cultura francese, in particolare per Taine, con cui è in corrispondenza, e per Stendhal. O ancora quando le dice «della perdita irreparabile dell’amicizia di un tempo con Wagner», o di quanto apprezzasse la musica di Bizet, a conferma che l’entusiasmo di Nietzsche per il compositore della Carmen non era, come si è pensato, una posa contro Wagner.

Informazioni come queste contribuiscono certo a precisare la biblioteca di Nietzsche, ma, nella testimonianza di Resa von Schirnhofer, danno conto soprattutto di un’interiorità tanto ricca quanto tragica.

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