L’ex segretario Pd Zingaretti propone, il ministro Orlando rilancia, il presidente del Movimento 5 Stelle Conte concorda. Vogliono tutti una nuova legge elettorale proporzionale, con soglia di sbarramento nazionale al 5%. Che poi è la proposta che giace da anni in commissione affari costituzionali alla camera nella vana attesa di essere discussa. Ed è anche il testo dell’accordo tra 5 Stelle e Pd (e Leu) che consentì nel 2019 la nascita del governo Conte 2 e il primo atto di quella maggioranza: l’approvazione del taglio dei parlamentari. La fiammata proporzionalista accesa ieri dal vecchio protagonista di quelle intese, Zingaretti appunto, non ha dunque nessun elemento di novità. Né molte speranze di rompere lo stallo. Resta la contrarietà della Lega che tiene imbrigliata Forza Italia. Resta l’indecisione del fronte centrista, dove adesso c’è un pezzo che all’epoca stava nel Pd (Renzi) e non ha ancora deciso come presentarsi. E restano le divisioni nel Pd: il segretario Letta non è proporzionalista anche se considera la legge elettorale in vigore «la peggiore di tutte». Destinata però a resistere perché il tempo scorre invano.

«Quanto sta avvenendo conferma che la migliore legge elettorale per il paese è un proporzionale con sbarramento al 5%. Altrimenti il rischio è quello di un suicidio politico», dichiara Zingaretti. «Sono sempre stato convinto che sia la strada migliore, è ragionevole pensare a coalizioni che nascono sulla base di una libera scelta e non di una convenienza di carattere elettorale», argomenta Orlando. E come lui la pensano sia il già renziano senatore Marcucci che il deputato leader della corrente dei giovani turchi Orfini. Molti consensi dai 5 Stelle. Culminati nell’uscita di Conte: «La legge proporzionale non l’ha proposta il Pd. L’ho proposta io quando ero già al governo. Oggi, in questo quadro politico, è la soluzione migliore anche per la riduzione dei parlamentari per garantire maggiore rappresentatività al nuovo parlamento». Anche questa volta la ricostruzione è imprecisa, perché la proposta del proporzionale era contenuta nell’accordo sulle riforme della maggioranza giallorossa firmato dal Pd, dai 5 Stelle e da Leu nell’autunno del 2019. Mentre Conte da palazzo Chigi sosteneva (non senza qualche ragione) che «la legge elettorale non è materia di iniziativa governativa e sarebbe sbagliato se formulassi una proposta» (conferenza stampa di fine anno).

Ma il punto, ora come allora, è che senza atti concreti ci terremo il Rosatellum, che obbliga alle coalizioni ma ha una soglia di sbarramento più bassa (3%) e le liste bloccate che consentono ai leader di partito di scegliere i (ridotti) parlamentari. Domani è previsto l’ufficio di presidenza della commissione, invece che dichiarazioni i partiti potrebbero chiedere di mettere in calendario l’esame del testo, come ricorda il presidente 5 Stelle Brescia. Ma non succederà. Anche perché a giugno ci sono le amministrative e fino ad allora le coalizioni sono costrette a serrare i ranghi. Per convenienza, se non per convinzione