«Progressisti sporchi di sangue», il governo cavalca gli spari a Fico
Slovacchia Indagini su circa 40 casi di minacce online ai politici slovacchi, inutili gli appelli alla calma
Slovacchia Indagini su circa 40 casi di minacce online ai politici slovacchi, inutili gli appelli alla calma
A tre giorni dall’attentato Robert Fico, in Slovacchia il clima politico e sociale è sull’orlo di una crisi di nervi. Mentre il premier, colpito mercoledì da quattro colpi d’arma da fuoco, ha sostenuto una nuova operazione per scongiurare un peggioramento delle sue condizioni, si moltiplicano le dichiarazioni bellicose rilasciate da alcuni dei suoi alleati di governo.
Fra chi si distingue per i toni conflittuali vi è un collega di partito del premier ferito, il vicespeaker del parlamento Luboš Blaha. Era stato lui, nelle primissime ore dopo l’attacco, ad accusare «progressisti» e «media liberali» di esserne corresponsabili. Ora che si è appurata l’identità dell’autore del folle gesto, Blaha rilancia sostenendo – senza prove concrete – che il 71enne assalitore avrebbe partecipato a manifestazioni di protesta organizzate dal principale partito d’opposizione, Slovacchia Progressista (Ps). E aggiunge: «Siamo noi parlamentari della maggioranza i prossimi bersagli».
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Slovacchia: il tempo della pauraA fargli eco è un altro esponente di Direzione-Socialdemocrazia, il ministro dell’Ambiente Tomas Taraba, secondo cui l’opposizione del centrosinistra progressista «ha le mani sporche di sangue». Altrettanto duro è Štefan Harabin, ex ministro della giustizia nel primo governo Fico, ex candidato alle presidenziali 2019 e 2024 contro immigrati musulmani e “ideologia gender” e ora sostenuto dall’estrema destra del Partito nazionale slovacco (Sns) per guidare il Consiglio superiore della magistratura. Harabin auspica addirittura lo scioglimento di Slovacchia Progressista per «sistemare i media pubblici e gli agenti stranieri presenti nelle organizzazioni non governative».
Un riferimento alle due riforme di stampo orbaniano che l’esecutivo sta portando avanti fra le proteste: una per controllare la radiotelevisione di Stato e una per tracciare i finanziamenti stranieri alle ong.
Dichiarazioni passate e presenti che fanno capire come pochi all’interno dell’alleanza fra populisti e destra radicale abbiano recepito l’appello alla riappacificazione politica diffuso giovedì dal presidente della Repubblica uscente Zuzana Caputová, e da quello eletto, Peter Pellegrini. E a nulla sembra essere servito anche l’invito ai politici a non inasprire i toni presente nell’editoriale firmato da 23 fra i giornalisti più noti del Paese, pubblicato lo stesso giorno. Al contrario, per dovere di cronaca, i media sono ora costretti a rilanciare le invettive del governo.
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Attentato a Fico, il governo accusa l’opposizione«La Slovacchia si trova sull’orlo di una guerra civile», aveva dichiarato il ministro degli interni Matúš Šutaj Eštok all’indomani dell’attacco a Fico. Un’uscita parsa che certo non aveva contribuito a rasserenare gli animi. Tuttavia, il timore dei sociologi slovacchi è che la polarizzazione della società presente già prima dell’attentato a Fico e ora fomentata da una retorica divisiva porti alla radicalizzazione di altri lupi solitari. Il rischio che qualcuno desideri farsi giustizia e punire giornalisti scomodi o avversari politici deve essere scongiurato.
Ieri il portale web di notizie Aktuality, il maggiore del Paese, ha riportato che le autorità indagano su una quarantina di casi di minacce online ricevute da politici slovacchi in questi giorni, compreso il caso di un uomo che ha preso di mira proprio il ministro degli interni Eštok. Intanto l’anziano attentatore di Fico, Juraj Cintula, è detenuto nel carcere di Nitra e si prepara ad affrontare un processo per omicidio. Rischia una pena che va dai 25 anni di reclusione all’ergastolo. La speranza è che il suo folle gesto chiuda un’orribile parentesi per la vita democratica della Slovacchia cominciata il 21 febbraio 2018, con l’assassinio di Ján Kuciak e Martina Kušnírová, anziché aprirne una ancora più precaria e pericolosa. Tocca ora a politica e società civile avviare un dialogo per scongiurare questo scenario.
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