Primo sì alla delega fiscale, ma il governo va sotto su un odg del Pd
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Primo sì alla delega fiscale, ma il governo va sotto su un odg del Pd

Camera Azione e Iv votano con la destra. Bocciata una proposta dem che aveva il sì dell’esecutivo
Pubblicato circa un anno faEdizione del 13 luglio 2023

Primo via libera ieri alla Camera alla delega fiscale, riforma che il governo Meloni punta a chiudere entro la pausa estiva. L’Aula di Montecitorio ha approvato la legge quadro con 187 voti a favore, 97 contrari e 6 astenuti. Ai sì della maggioranza si sono aggiunti quelli di Iv e Azione («È stato riproposto lo schema di Draghi», dice Calenda) mentre +Europa si è astenuta. Passa al Senato, dunque, il provvedimento che contiene, tra l’altro, la detassazione di tredicesime, straordinari e premi di produzione, flat tax incrementale per gli autonomi e superamento graduale dell’Irap.

Il sì è arrivato al termine di una giornata complessa per la maggioranza che ha visto, tra l’altro, il governo andare sotto in aula su un ordine del giorno del Pd. Un odg che chiede, in sostanza, una campagna informativa contro l’evasione fiscale. Parere favorevole del rappresentante del governo con il sottosegretario leghista Federico Freni.

Ma, dopo l’illustrazione del dem Gianni Cuperlo che è andato all’attacco dell’esecutivo («Bene che dica di sì all’odg: è l’esatto opposto di salire sul palco e dichiarare che le tasse sono un pizzo dello Stato», il riferimento alle parole della premier) la maggioranza sceglie di votare contro e manda dunque tecnicamente sotto l’esecutivo con 148 no e 131 sì.

Per il centrosinistra è stato «sconfessato il sottosegretario»; la maggioranza si difende sostenendo che la contrarietà era verso le parole di Cuperlo. Palazzo Chigi derubrica l’accaduto a un episodio poco rilevante, Freni parla di una «tempesta in un bicchier d’acqua» e di un parere che era diventato di fatto negativo dopo l’illustrazione del Pd. Ma dietro le quinte si registrano scambi d’accusa reciproci. E non manca chi, di fronte a un nuovo inciampo in aula, ammette una «mancanza di coordinamento» tra maggioranza e governo.

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