A livello internazionale è ormai nota da più di vent’anni la rilevanza del Primavera Sound. Il festival creato e cresciuto in Catalogna che, dal Poble Espanyol prima e dal Parc del Fòrum poi, ha raggiunto Portogallo, Sud e Nord America in una serie di eventi che hanno sempre avuto il «Created in Barcelona» in bellissima vista a rimarcare l’origine di tutto. I motivi di questo status symbol sono molteplici: la cura che chi organizza mette nella stesura delle line up (tra l’underground e il super pop, senza mai dimenticare le proprie origini indie e noise rock), il feeling di un evento che porta chi suona e chi ascolta ad avvicinarsi nonostante l’affluenza e infine quell’atmosfera di celebrazione della musica contemporanea; di un luogo dove si festeggia e si fa la storia di quel che si ascolta oggi.

L’EDIZIONE 2024 ha dato la sensazione di stare partecipando a un evento realmente commemorativo, che ha come suo obiettivo principale quello di consacrare e festeggiare insieme a pubblico e artisti. I momenti di questo tipo sono stati decine: tra anniversari, premiere di tour con conseguenti anteprime di dischi in uscita e momenti speciali che solo un contesto come il Primavera può permettere. È il festival dove Ezra Koenig dei Vampire Weekend sale sul palco con un giorno d’anticipo, vestito come un cortigiano di palazzo per duettare con i Phoenix di Versailles. È dove le dediche al leggendario produttore e musicista Steve Albini (recentemente scomparso e da sempre affezionato al festival, con i suoi Shellac presenza fissa nel cartellone ogni anno) sono state una costante: dal palco col suono più estremo del festival che portava il suo nome, alla commovente interpretazione di PJ Harvey della sua The Desperate Kingdom Of Love che la cantante ha voluto proprio anticipare con un saluto alla persona che ha prodotto Rid Of Me.

È l’occasione per festeggiare ricorrenze come i dieci anni dall’uscita del culto hip hop Piñata di Freddie Gibbs e Madlib o i venticinque del classico midwest emo della band American Football. È il banco di prova perfetto per testare nuovi tour e brani ancora prima che escano, come è successo con Charli XCX e L’Imperatrice che hanno ricevuto ovazioni da un pubblico ben più che ripagato dell’attesa. È il trampolino di lancio vero e proprio per progetti che hanno bisogno di testare l’hype, su tutti le girl bands Mannequin Pussy e The Last Dinner Party si sono dimostrate ben più che capaci di sostenere il successo.

E INFINE è lo spazio per esclusive speciali, intime e romanticamente rilevanti, nel contesto degli eventi «a la ciutat»: dal set di sole cover degli Yo La Tengo (tra Velvet Underground, The Kinks e Daniel Johnston), al concerto in un club dei The National.

La lista sarebbe ancora lunghissima – spaziando tra contesti danzerecci, pop (Lana del Rey ha registrato un’affluenza storica per la manifestazione) e sperimentazioni d’avanguardia con disinvoltura e coerenza – ma è decisamente più saggio considerare Primavera Sound nella sua interezza: un festival che pare una festa, dove ogni dettaglio è una celebrazione di un aspetto fondante e fondamentale della sua identità. Un festival che ha cambiato i modi di intendere i festival musicali a livello globale, ancora una volta, ha dimostrato che alla fine la cosa più importante è far sentire chiunque a casa.