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Pluralismo tv, alle parole seguano i fatti

Una crisi televisiva come quella che abbiamo attraversato qualche giorno fa il nostro paese non la viveva dal lontano dicembre 1994 quando Berlusconi, sfiduciato da Bossi dopo l’avviso di garanzia […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 2 giugno 2018

Una crisi televisiva come quella che abbiamo attraversato qualche giorno fa il nostro paese non la viveva dal lontano dicembre 1994 quando Berlusconi, sfiduciato da Bossi dopo l’avviso di garanzia ad appena otto mesi dall’insediamento, scatenò i suoi media in un attacco alle istituzioni senza precedenti.

Anche allora si parlò di golpe attaccando il presidente Scalfaro e aizzando irresponsabilmente la piazza attraverso la tv.

Nei giorni scorsi Di Maio e Salvini hanno presidiato il video, pubblico e privato, con una brutale offensiva mediatica, sfruttando quello che era un evidente errore di Mattarella, l’uno, per gridare irresponsabilmente al colpo di mano istituzionale, l’altro, per attaccare comunque il Presidente.

La punta più preoccupante si è verificata domenica 27 maggio nelle due principali reti nazionali e in programmi popolari d’intrattenimento che, è bene ribadirlo, non potrebbero ospitare simili performances, in spregio del più elementare pluralismo e della legge (di par condicio).

Dunque ha ragione da vendere Vincenzo Vita quando su questo giornale invoca «l’allarme rosso». E bene fa ad invocare l’intervento delle più alte cariche istituzionali per fermare l’abuso. Forse potrebbe farlo Mattarella adesso che il governo è partito e le polemiche su di lui si sono stemperate, rivolgendosi al Parlamento per chiedere, come fece Ciampi nel 2002, il rispetto del pluralismo, l’incompatibilità dei politici in programmi d’intrattenimento, interviste fatte da giornalisti veri ed una legge che normi il sistema.

Oppure potrebbe farlo il presidente della Camera Fico che da presidente della Vigilanza si è battuto per il rispetto delle regole in questi 5 anni. Alzi la voce, se necessario anche contro i suoi, come seppero fare alcuni grandi presidenti della Camera, chieda nuove norme che riducano drasticamente il tasso di intossicazione politica della televisione italiana.

Purtroppo la strada del telepopulismo è stata aperta da tempo e anche la sinistra ha sciaguratamente contribuito ad allargarla pensando di potersene avvantaggiare. Ma come spesso succede gli apprendisti stregoni finiscono vittima degli artifici, nel nostro caso mediatici, che loro stessi hanno maldestramente evocato.

Tante volte abbiamo chiesto un nuovo sistema di regole per la tv che la mettesse in sicurezza rispetto alle scorribande della politica. Tante volte abbiamo sottolineato l’enormità di presenze politiche ricorrenti in trasmissioni che non hanno il know how adeguato per fare giornalismo. Adesso siamo al limite. Anzi no, il limite l’abbiamo oltrepassato. C’è in ballo quel che resta della democrazia e del pluralismo.

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