Per disinnescare la prevaricazione verso il vivente
SCAFFALE «Liberazioni», il numero 33 della rivista antispecista
SCAFFALE «Liberazioni», il numero 33 della rivista antispecista
Essere antispecisti significa comprendere che la forma più radicale di eguaglianza è quella ontologica. Su questo piano le differenze di luogo, di epoca, di genere, di età, di professione, di etnia, diventano declinazioni diverse, legittime e arricchenti, dell’identità che accomuna gli enti, dell’olos dentro l’oikos, dell’intero dentro il mondo.
LA CONSAPEVOLEZZA di tale condizione sta a fondamento anche del numero 33 di Liberazioni. Rivista di critica antispecista (Associazione Culturale Liberazioni, pp. 108, euro 6). Uno dei suoi testi, a firma di Terike Haapoja e Laura Gustafsson, dà voce al bestiame che rivolgendosi agli umani dice loro: «Eravate solo un incidente come noialtri, fluttuanti nel mare del tempo. Ogni cosa cerca di spiegarsi il mondo. Persino la pietra, col suo ragionamento pietroso, trova un ordine nel suo piccolo mondo di roccia. Non siete niente di speciale. Ogni cosa ha un dentro». Una prova di questa continuità sta nel fatto che «dal nostro letame, dal nostro latte e dalla nostra carne la storia umana crebbe come un’onda generando benessere e prosperità inimmaginabili» ma generando anche altrettanto inimmaginabile ferocia, altrettanto degrado.
UNA EFFERATEZZA Verso il vivente che non ha conosciuto pause ma soltanto mutamenti delle modalità. Non c’è stata alcuna età dell’oro – o soltanto alcuna fase di moderazione – nei rapporti tra l’Homo sapiens e il resto del vivente. Una infinita storia «di sangue e di merda» raccontata nel romanzo di Jean-Baptiste Del Amo Regno animale, il quale mostra come «anche la società rurale fosse intimamente intrisa di sofferenza, di angherie e di crudeltà verso gli animali», come restituisce Ornella Jurinovich.
La convinzione che la nostra epoca coltiva di essere più «avanzata», «razionale», «includente» rispetto a età passate, si mostra anch’essa in gran parte ideologica: un mascheramento funzionale alla perpetuazione del dominio. Ne è una prova la denuncia che la Palestinian Animal League formula verso la propaganda sistematica dello stato d’Israele, volta a presentare questa entità come rispettosa degli animali sino ad autodefinirsi «paradiso vegan». In realtà Israele è «uno dei Paesi con il più alto consumo di carne pro-capite: 80 kg l’anno e quello dove si consuma in assoluto più carne di pollo: 57 kg l’anno per abitante. Anche la sperimentazione animale è in continuo aumento in Israele e metà degli esperimenti che vi vengono condotti prevede il massimo grado di dolore consentito».
UNA FORMA contemporanea e sempre più pervasiva di nascondimento ideologico è l’illusione che basti modificare parole, espressioni, aggettivazioni per contribuire al mutamento della realtà. Non cadono in questo errore Leslie Irvine e Laurent Clia, autori di un denso e rigoroso studio sociologico sulla famiglie multispecie, quelle che hanno tra i propri membri degli animali non soltanto umani. Anche se «alcune persone, inclusi molti studiosi, preferiscono il termine animale da compagnia a quello di animale domestico e definiscono il membro umano della relazione come custode piuttosto che come proprietario», i due studiosi continuano a usare le formule più tradizionali, nella convinzione che non basti il mutamento di linguaggio per mutare le condizioni effettive del reale.
Al centro del numero 33 di Liberazioni il corpo. Perché davvero «la storia dell’umanità è stata sempre segnata dall’attesa di un corpo, dalla sua ascesa e dalla sua caduta: è stata la storia di un corpo», come ricorda Rodrigo Codermatz. Il corpo che siamo, abitato da una innumerevole flora e fauna della quale costituiamo la dimora. Credendoci uno siamo in realtà molteplici.
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